TRAMA
Dublino, anni Ottanta. Per far colpo su una ragazza, Conor decide di fondare una banda.
RECENSIONI
John Carney, da musicista, continua a girare film che ruotano intorno al mondo che conosce bene ed ama (Once, Tutto può cambiare). E si vede. Sing street prende il titolo dal nome di una band giovanile improvvisata ma piena di talento. Il protagonista è un adolescente con la passione per la musica, che suona la chitarra per evadere da un ambiente famigliare complicato e dagli orizzonti angusti della sua città. Forse per autobiografica nostalgia il contesto è quello degli anni Ottanta, che il regista rende veri protagonisti della storia. Mentre scorrono le note ed i video di The Cure, Duran Duran, Spandau Ballet, The Jam, The Clash, il look degli attori ricrea con immediatezza lo spirito dell’epoca. Poi ci sono i personaggi: la modella bambina, il fratello dalla saggezza spiccia (“Nessuna donna può amare un uomo che ascolta Phil Collins”), il bullo della scuola, che approfitta dei segni di debolezza e arretra di fronte alle prove di sicurezza, gli amici concreti e solidali, i genitori inadeguati. Su tutti il protagonista (una rivelazione l’attore che lo interpreta), che attraversa le fasi della crescita e dell’affermazione personale: mimesi/distinzione, impulso e slancio, invenzione e sfida.
Il loro palco è Dublino, la scuola - col suo immancabile contorno di violenza psicologica ed occasioni -, le strade di quartiere. Si respira la consueta voglia di evasione irlandese, l’idea di Londra come miraggio inaccessibile. Tra visioni oniriche che proiettano i desideri e disillusioni che li minacciano, anche in questa pellicola ritroviamo il tema dei sogni, come fondamentale espressione di sé, e quello del coraggio, necessario a scompaginare le situazioni che stanno strette, a rivoluzionare una quotidianità in cui non ci si riconosce. Sing street è romanzo di formazione (sembra a tratti di vedere una versione pop ed eighties di David Copperfield), film musicale, ritratto d’ambiente, tuffo nostalgico nel decennio spensierato. I film di Carney possiedono un incantevole equilibrio, raccontano emozioni senza esagerazioni né retorica, fermandosi sempre due passi prima. Anche Sing street narra per immagini e con la musica, con momenti ironici e col dono della sintesi ed il tocco leggero, naturale.

Ennesimo film che omaggia, fa rivivere e si impregna degli anni Ottanta, ma anche tipico film di John Carney che, da ex-bassista dei grandissimi The Frames, racconta sempre il proprio universo fatto di musica e sentimenti, di giovani che compongono con l’anima e, anche attraverso l’arte, s’innamorano. Ricorda molto Once, la sua trama esile che puntava sulle bellissime composizioni ma, in questo caso, l’equilibrio fra semplicità e note musicali è meglio dosato. Le ballate (co-scritte dal regista) sono empatiche e toccanti, più di altri brani che scimmiottano, volutamente ed in parodia, le band (e relativo look) che andavano di moda all’epoca (Duran Duran, Spandau Ballet, The Cure, più un pezzo scritto sulle note di basso di ‘Maneater’ di Hall & Oates): il film è ammiccante ed efficace, e ha, come punti focali, le citazioni musicali e il tema dei sogni giovanili da inseguire (la figura del fratello maggiore di Jack Reynor). Nel dosaggio rischioso ma schietto di divertente commedia, effetto nostalgia, amore per l’arte e per l’amore, rivalsa degli ultimi, ribellione alle istituzioni scolastiche ed esaltazione sul palco da Ritorno al Futuro, a fare la vera differenza è una piccola scena geniale, quella in cui Conor, mentre gira una videoclip musicale in palestra, vola con l’immaginazione che prende vita, e tutte le cose si mettono a posto, dai genitori alla fidanzata, dal fratello al preside insopportabile. Anche il film, allora, vola più in alto, inneggiando al potere della creatività.
