TRAMA
A caccia di evasione da una pressante quotidianità, Shrek stipula un patto con il nano Tremotino: una giornata come ai vecchi tempi in cambio di un giorno qualunque della sua infanzia. Sarà l’inizio di un incubo. L’ingenuo orco verde si troverà infatti a fare i conti con una realtà in cui non è mai esistito.
RECENSIONI
Non era facile risollevare il mito dell'orco verde più famoso del mondo dopo un terzo episodio così scialbo e noioso, ma Mike Mitchell (dietro la macchina da presa, tra gli altri, nei non imperdibili Gigolò per sbaglio e Sky High - Scuola di superpoteri) riesce a concludere dignitosamente la saga. Rispetto al capitolo precedente, che aveva un soggetto interessante sceneggiato malamente, qui il soggetto vola basso ma gode di una scrittura attenta a valorizzare i personaggi e le situazioni in cui li coinvolge. L'idea è un classico della commedia americana, a partire dal celeberrimo La vita è meravigliosa di Frank Capra, anche se qui siamo più dalle parti di The Family Man di Brett Ratner: come sarebbe andata se non fosse andata così? Nello specifico, che farebbe Shrek se non si fosse imborghesito mettendo su famiglia, diventando un'attrazione turistica e non spaventando più nessuno? Lo spunto, piuttosto usurato, trova una progressione un po' macchinosa ma efficace; purtroppo, però, inciampa nel solito finale pirotecnico e cade nel pistolotto morale con cui celebra la famiglia, e le sue fatiche, come l'unico valore possibile. In fondo Shrek chiedeva solo di tornare ai vecchi tempi per un giorno, perché obbligarlo a pentirsi di questo desiderio più che comprensibile dando l'idea che sia sbagliato? Troppo facile costruire il contrasto contrapponendo l'insoddisfazione alla privazione. Anche il padre più sconsiderato, dovendo decidere tra la perdita degli affetti e una quotidianità senza guizzi, sceglierebbe quest'ultima, ma ciò non significa che abbandonarsi alla routine sia per forza il massimo della vita. E invece no, è vietato anche solo pensarlo, bisogna soffrire in silenzio e sorridere, anzi, non si può proprio soffrire, è sbagliato, si deve unicamente gioire. La sceneggiatura, quindi, glissa sulla effettiva problematicità dei conflitti, e anche sulle responsabilità di chi non mette in discussione uno stile di vita che gli sta stretto, e si accontenta di tessere l'ennesima lode acritica dei sudori familiari. Scelta, tra l'altro, che mette definitivamente la parola "fine" sullo spirito trasgressivo che ha permesso a Shrek di imporsi nell'immaginario collettivo come icona controcorrente. Non è più un anti-eroe. Forse, così attento a non scontentare nessuno, non lo è mai stato davvero, ne ha più che altro vestito i panni. Ora, però, è diventato proprio un eroe a tutto tondo, sovrapponibile a mille altri: deve superare avversità di ogni tipo, combattere il cattivo di turno e riconquistare il cuore dell'amata. Ideologia conservatrice e classicità dell'impianto a parte, il film è comunque piacevole. Non ci sono battute irresistibili, ma nemmeno momenti di stanca, più che ridere si sorride (il che non è per forza un male) e il citazionismo esasperato, così come le gag a ritmo serrato, hanno un freno (e anche questo non è un male). Apprezzabile, poi, il tentativo di ravvivare alcuni personaggi (il Gatto con gli Stivali obeso, Fiona guerriera) e di dare vita a un cattivo degno di nota (il subdolo Tremotino funziona a dovere, e anche il Pifferaio Magico diverte). Ancora una volta stupefacente l'impatto visivo. A colpire, oltre all'ottima fluidità dell'animazione, è l'espressività dei personaggi, curatissimi nei dettagli e nella mimica.
Con un po' più di coraggio avrebbe potuto dare nuova linfa al mito, così si limita a celebrarlo, confermando la trasformazione di un'idea originale nella spendibilità di un brand. In ogni caso, data la natura prettamente commerciale del progetto, avrebbe potuto essere molto peggio.