Drammatico

SHOOTING SILVIO

NazioneItalia
Anno Produzione2007
Durata96'
Fotografia
  • 39627
Scenografia
Costumi
  • 39621

TRAMA

Kurtz è un ragazzo irrequieto che intende coinvolgere nel suo progetto di compilazione collettiva di un libro contro Berlusconi giovani che come lui condividono il medesimo malcontento nei confronti del premier. Mentre l’iniziativa fallisce, cresce il senso di disagio in Kurtz fino all’elaborazione di propositi di eliminazione fisica._x000D_

RECENSIONI

Non vogliamo tornare per l’ennesima volta sull’annosa, putrida questione del cinema italiano, non intendiamo impantanarci per un solo istante in discorsi anonimi e lacustri sulla morte della cinematografia nostrana, almeno finché (r)esistono autentiche sacche d’indipendenza (soprattutto d’idee) a dimostrare il contrario. Il cinema italiano è morto solo per chi lo pensa e lo vuole morto. È il sistema a rimanere il cadavere della messa a morte dei propri meccanismi di produzione (e distribuzione). Andate a raccontarlo a qualcun’altro, di sicuro non a Berardo Carboni e al suo entourage di amici e collaboratori, tutta gente che non ha la ricetta né per uscire dalla “crisi” né per ammannire pietanze sbrodolanti giovanilismo d’accatto e mercimoniose pantomime da cinema engagé, semplicemente un’idea in cui credere e investire denaro proprio (prassi oramai demodé) dallo script alla realizzazione.
Shooting Silvio, che è stato concepito prima del Caimano di Moretti, tanto per scansare gli equivoci, quasi interamente autoprodotto e girato in digitale (riversato poi in 35mm) ha il coraggio e la sfrontatezza di affrontare de visu un argomento non tanto delicato, quanto banale, come Berlusconi (se c’è qualcosa di subliminalmente arendtiano in tale considerazione, ce ne assumiamo ogni responsabilità), perché parlare di Berlusconi oggi, nel bene o nel male, è un po’ come parlare delle perturbazioni atmosferiche o del buco dell’ozono, tipici oziosi topoi italioti. E soprattutto ha il merito di non essere un film su Berlusconi (così come non lo era Il caimano) ma il tracciato degenerativo di un fraintendimento generazionale in rapporto alla cultura del “berlusconismo”, o per meglio dire la curva descritta dal sentimento politico di una generazione nella percezione distorta di un mito da abbattere. Shooting Silvio rianagrammando qualche frantume linguistico di certo cinema “giovane e arrabbiato”, da Morgan: a suitable Case for Treatment a Rumble Fish (il referente coppoliano si fa leitmotiv rifunzionalizzante di tutto il film: il protagonista si chiama Kurtz e Berlusconi subirà un simbolico travestimento marlonbrandiano), diviene romanzo di “sformazione” declinato sull’iperbole dell’individualismo patogeno e dello smarrimento di un’identità generazionale. La pellicola infatti, con la m.d.p. nel suo incerto avvolgere gli spostamenti dell’io-corpo narrante, (s)ragiona sulla pericolosità semantica di ogni mitologia, positiva o negativa che sia, ed evidenzia il destino irreversibile di inabissamento psicopatologico, di catabasi nel cuore di tenebra della follia come effetto collaterale della indefinita/indefinibile postmodernità ai quali conduce ogni ossessione generata dal mito nello spazio-tempo carnevalizzato delle sue maschere, proprio come in un dipinto di Ensor, con Berlusconi colto nella sua essenza più caricaturale (la sagoma cartonata, il disegno animato) di fantoccio trai fantocci, collocato nello scenario grottescamente tragico dell’apocalisse (socio-politica) contemporanea in cui sparare o filmare (to shoot) è solo questione di irregolari traiettorie dello sguardo.

Intervista a Berardo Carboni a cura di Mauro F. Giorgio
################

Non mi è sembrato affatto un film su Berlusconi, soprattutto se consideriamo la parabola tragica del giovane Kurtz

Il film racconta il disagio di una generazione che non crede nel “mito” incarnato da Berlusconi e dalsistema di valori che rappresenta e trova a fatica nuovi sogni in cui credere e nuovi eroi con cui confrontarsi, in definitiva resta il grande valore della vita in sé, della vita in quanto tale. Nel film ogni cosa che porta alla morte è un invito a vivere e a considerare l’importanza di essere vivi. Per me gli unici eroi di questa generazione sono le persone che operano nell’anonimato per cercare di difendere la vita nei paesi in cui essa per difficoltà sociali o ambientali è più a rischio.

I riferimenti dichiaratamente coppoliani...

Coppola è il referente (meta)cinematografico principale, e funge un po’ da filo conduttore del film. Le citazioni esplicite di Rusty il selvaggio e di Apocalypse Now servono proprio a mettere in scena la situazione di un disagio generazionale in rapporto allo scenario socio-politico che si va disegnando nel nostro Paese.

Perché proprio Berlusconi in persona (cioè in effigie) e perché il b/n fino alla deflagrazione cromatica finale?

Più che evocare Berlusconi giocando di rimando, volevo dare la sensazione di un personaggio vero e reale all’interno del film, di qui anche la scelta di ritrarlo in b/n, per sottrarlo dalla sua dimensione fintamente catodica a colori. Poi il b/n funziona da connotato simbolico per dipingere anni che io reputo sbiaditi nella storia italiana dell’ultimo decennio e, nello stesso tempo, il bianco e nero si riferisce alla dimensione del ricordo, abbastanza sconfortante, nella quale l’inserzione di elementi cromatizzati indicano la speranza di un futuro più colorato. Ho voluto in sostanza mescolare all’interno del film stili e richiami che non assolvessero a un mero compito autoreferenziale, una sorta di ipertesto espressivo che coniugando forme di realismo con figure della cultura popolare come il fumetto, supportato da una tessitura musicale composita, offrisse un quadro più ampio della sbalestrante situazione che stiamo vivendo.

Anche se sostieni di aver girato il film prima del Caimano, è inevitabile un pur minimo accostamento con l’opera morettiana (le tematiche, l’utilizzo di due attori morettiani come Remo Remotti e Sofia Vigliar, un certo frasario à la Nanni Moretti, il fatto che il protagonista Kurtz si chiama in realtà Gianni Crea, come il regista di b-movies...)

È indubbio che esistano coincidenze e assonanze sbalorditive. Posso tuttavia assicurare che, mentre non escludo un certo immaginario del cinema morettiano che stratificato nella mia formazione di regista evidentemente riemerge, per quanto riguarda Il caimano, Shooting Silvio è stato concepito prima del film di Moretti, dunque qualsiasi riferimento diretto risulta davvero casuale. Credo comunque che la profonda differenza di impianto narrativo e di messa in scena facciano assumere alle due opere direzioni estetiche nettamente diverse.

Cosa ti riserva il futuro “apocalittico” del cinema italiano?

Intanto, da regista, cerco di vivere e leggere il presente in funzione del risultato professionale che ho raggiunto girando Shooting Silvio e di come verrà recepito dalla sensibilità dello spettatore italiano, poi sto studiando il trattamento per un nuovo film che mi auguro di portare a termine entro i prossimi due anni, una pellicola che tenterà di incrociare tematiche sociali con la storia estremamente personale di un amore malinconico.