Animazione, Commedia, Giallo, Recensione

SHERLOCK GNOMES

Titolo OriginaleSherlock Gnomes
NazioneU.S.A./Gran Bretagna
Anno Produzione2018
Durata88'
Sceneggiatura

TRAMA

Gnomeo, Juliet e compagni seguono il signor Capuleti e la signora Montecchi nel loro trasloco a Londra dove però una misteriosa minaccia sta facendo scomparire tutti gli gnomi da giardino. Toccherà a Sherlock Gnomes, “il più grande detective ornamentale”,  aiutarli a risolvere il caso.

RECENSIONI

Sette anni fa usciva Gnomeo e Giulietta, imperfettissimo musical d'animazione che,  tra il kitch e l'irriverente, una hit di Elton John e un'altra ancora, mescolava una premessa à la Toy Story (non più i giocattoli ma tutti gli ornamenti domestici prendono vita quando non visti da occhi umani) con una riscrittura shakespeariana in chiave parodistica. Sherlock Gnomes, suo insipidissimo sequel, ha il pregio di concedere un piccolo ripensamento verso il tanto criticato originale, di cui se non altro si apprezza il rischio e una marcata personalità (per quanto di cattivo gusto essa possa essere). Ancora una volta ci si trova dinanzi a un tentativo di franchisizzare (si passi il termine) un discreto successo al box office dall'enorme potenziale narrativo, come ben si evince dal prologo: i mini-gnomi da giardino, mascotte della serie un po' come i Minions di Cattivissimo Me, litigano per decidere quale grande opera letteraria inglese debba essere raccontata: la scelta ricade su Sherlock Holmes, che diventa ovviamente Sherlock Gnomes, con la voce e i manierismi di Johnny Depp (è opportuno ricordare che più di trent'anni fa già la Disney aveva fatto la sua rilettura dell'opera con Basil l'Investigatopo ). E fin qui nulla di male, se si perdona la ormai consueta cupidigia di una Hollywood sempre più a corto di idee e smaniosa di facili scorciatoie, se non fosse che il film reinventa e riscrive totalmente l'identità del franchise stesso appiattendolo nel più totale anonimato espressivo: via l'elemento musical e le greatest hits, e al loro posto tanta azione e una canzone originale (sempre di Sir Elton John, si intende, ancora in veste di produttore).
Non mancano i twist, più o meno attesi, ma il film si trascina stanco e privo di idee, incapace di confezionare gag davvero (con)vincenti, limitandosi a (in)seguire i personaggi (vecchi e nuovi) in giro per una Londra da cartolina, a caccia di indizi nascosti tra i grandi monumenti della città ( un po' come aveva fatto Paddington 2, con risultati decisamente più esilaranti).
Il comparto tecnico, come da prassi, regala qualche spunto interessante: l'animazione non è più curata dagli ormai chiusi Starz Studios, che realizzarono il primo film per la Miramax (distribuito poi sotto l'etichetta Touchstone, altro label di proprietà Disney), ma dalla Mikros Animation, nello specifico dalle sue succursali parigine e londinesi, mentre alla distribuzione subentra la Paramount, sempre più interessata a ritagliarsi uno spazio nel competitivo mercato dei film d'animazione. La CG, pur se ben realizzata, non brilla certo per originalità o ricercatezza, tant'è che ciò che colpisce davvero sono i (pochi) inserti disegnati a mano in bianco e nero che  traducono visivamente i processi mentali deduttivi della mente di Sherlock. Assecondando le recenti mode femministe, il regista John Stevenson (story artist di Shrek 2 e co-regista di Kung Fu Panda) ritrae delle giovani donne sempre più emancipate e meno disilluse: Juliet trascura Gnomeo perchè troppo presa dal suo nuovo ruolo di leader del giardino mentre Irene, ex fiamma di Sherlock, sedotta e abbandonata dallo stesso, non si piange addosso e lo mette in riga in più di una situazione. Interessante se non altro è il parallelismo tra le due coppie protagoniste: Juliet dà per scontato l'amore di Gnomeo (“Tu puoi aspettare, il giardino no” gli rivela freddamente in uno dei climax del film), mentre Sherlock sottostima l'amicizia del fedelissimo Watson dall'alto del suo narcisismo. Alla fine tutti imparano la propria lezione, il cattivo è sconfitto, baci e abbracci... e avanti col prossimo capitolo che la mucca (di quelle ornamentali, da giardino) può ancora essere munta.