Drammatico, Sala

SEX

Titolo OriginaleSex
NazioneNorvegia
Anno Produzione2024
Durata118'
Sceneggiatura
Fotografia

TRAMA

Due spazzacamini, entrambi sposati in matrimoni monogami ed eterosessuali, si trovano in situazioni che mettono alla prova le loro prospettive sulla sessualità e sulle norme di genere.

RECENSIONI

Sex, Dreams e Love sono usciti separatamente ma tutti nel 2024 e costituiscono quella che Wikipedia definisce "una trilogia tematica sui rapporti umani". Si tratta di una definizione puntuale per inquadrare il primo exploit dello scrittore/regista Dag Johan Haugerud - c'erano già stati due lungometraggi, scarsamente visti fuori dalla Norvegia, mentre stavolta parliamo di un Orso d'Oro (per il secondo capitolo, Dreams, il migliore). Nonostante l'autonomia funzionale e fruitiva dei singoli capitoli è giusto considerarli collettivamente perché il disegno è complessivo. Come si poteva legittimamente attendere con uno scrittore dietro la macchina da presa, si tratta di un'opera dall'impianto profondamente letterario, di film scritti e film parlati. C'è tanto Kieslowski, in particolare la trilogia dei colori, per l'afflato umanista e l'inquadramento di ogni storia attraverso l'attacco in luoghi peculiari che si rimandano vicendevolmente (e poi, la chiusura del ciclo su un traghetto sarà un omaggio?). Il tema principale, appunto, sono le relazioni umane. E poi, in seconda battuta, lo spirito del tempo perché Haugerud si ritaglia un ampio spazio per la critica sociale e culturale. Per caratteristiche stilistiche e per l'ambito di indagine si è fatto copiosamente il nome di Rohmer. È un riferimento innegabile. Ci sono però alcune differenze sostanziali. Nei temi e nell'impianto ideologico il gioco sofisticato tra moralismo giansenista e gusto settecentesco per la liaison diventa un Rohmer queer in senso stretto e figurato, nutrito da Deleuze e Guattari quanto da Bernard-Marie Koltès, ovvero un'assurdità. All'opposto - siamo pur sempre in Scandinavia - le strutture narrative si fanno molto più quadrate, simmetriche, conclusive e c'è molto meno distacco, l'autore sta dentro le storie, accanto i personaggi piuttosto che a lato. La focalizzazione è mobile e non si riesce mai a dichiarare un protagonista unico oltre ogni ragionevole dubbio. Anche i titoli sono sostanzialmente intercambiabili perché elencano gli ingredienti che saranno presenti, in quantità variabili, in ogni film. Per dire, Sex si apre con il racconto di un sogno. Nel gioco di simmetrie Sex è un film sul maschile quanto Dreams è integralmente femminile e così via. Un fil rouge, rohmerianissimo, è l'uso di libri e citazioni con modi da colonna sonora extradiegetica se non da voce off: senza giustamente pensare al realismo dei ragionieri e alla concordanza, certi testi appaiono magicamente nel momento giusto e nel luogo più improbabile, aperti alla pagina giusta per approfondire il portato filosofico della storia oppure farlo scartare verso un territorio nuovo.

SEX

When I see a couple of kids
And guess he’s fucking her and she’s
Taking pills or wearing a diaphragm,
I know this is paradise
Philip Larkin, High Windows

L'autore spia e nume tutelare del primo capitolo è Hannah Arendt, in particolare la sua distinzione tra sfera sociale, prodotta dall'inserimento dell'economia di mercato nelle relazioni, e sfera pubblica, quella dell'azione e del discorso, tramite la quale ci mostriamo e siamo confermati e concorriamo orizzontalmente alla creazione di un mondo condiviso. Il film racconta le conseguenze del sesso occasionale, agito o solo sublimato nell'onirico, con un anonimo sconosciuto o niente meno che con David Bowie. In entrambi i casi si tratta di omoerotismo che scardina la normalità eterosessuale e più in generale del desiderio come dio potentissimo che spariglia rituali e sacramenti, cominciando dal matrimonio, che porta deviazioni e deterritorializzazioni. Ed è proprio il desiderio, deleuzianamente, a mettere in moto un rimescolamento dell'identità. Non a caso si evoca David Bowie, colui che per primo elevò l'androginia a sistema. Nonostante il coprotagonista si schernisca dicendo di non amarlo per nulla, è troppo tardi: "you got your mother in a whirl, she's not sure if you're a boy or a girl". Da un punto di vista strettamente cinematografico è l'episodio relativamente più debole, quello dove il teorema è più invadente. I momenti più vitali e ispirati e sbrigliati sono nei dialoghi con il figlio a proposito delle mestruazioni o dell'ontologia di Youtube («Quando ripete qualcosa nel suo canale, non diventa importante però diventa qualcosa»). Il confronto con la nuova generazione è un altro tema trasversale alla trilogia: Haugerud parteggia in modo smaccato per loro - e ha ragione - tifa per le young ideas che hanno reso popolare e naturale la fluidità relazionale e di genere. Non c'è, in questo momento storico, proclama sociopolitico più urgente: alla fine l'identità è un discorso debole, è il desiderio che impera. David Bowie nel sogno mi guarda come nessuno mi ha guardato mai. Così lo spazzacamino. Mi sei scoppiato dentro al cuore all'improvviso, non lo so perché, non lo so perché. Mi sento vivo all'improvviso per te. Tutto il resto è spazzatura fascista.