TRAMA
Inge, sposata da trent’anni, si innamora di Karl e per lui lascia il marito Werner.
RECENSIONI
Premiato a Cannes (con il "Coup de cœur" della sezione Un certain regard) nel 2008, Settimo cielo è un'indagine cauta e implacabile su di una donna sospesa fra maturità e vecchiaia, dapprima turbata e progressivamente sconvolta da una passione considerata fuori tempo massimo, e massimamente fuori luogo, dalla società e dalla stessa Inge. Il film procede a passi felpati, per brevi scene indipendenti e quasi prive di dialoghi, con la macchina a mano che cerca non di fotografare la realtà, ma di tradurre in immagini le pulsioni e le ossessioni della protagonista, divisa tra l'affetto per il compagno storico e la nuova, irresistibile attrazione per un altro uomo. Non c'è ostentazione, e tanto meno morbosità, nei corpi maturi che riscoprono il piacere dell'atto sessuale, non c'è la volontà di fare di Inge un'eroina tragica o un caso clinico, manca anche (se non, di sfuggita, nella scena del litigio) l'ostinazione a inserire glosse e didascalie in un discorso filmico che basta a se stesso. Il regista ha ben presente la lezione di Bergman (i dialoghi coniugali in penombra, la tenerezza riscoperta nella profondità di campo) e Ozu (la natura che scandisce, con le sue metamorfosi, le diverse fasi della storia), ma riesce a non ridurre il film a un catalogo di citazioni o prestiti più o meno dissimulati, aiutato in questo da uno straordinario trio d'attori e dalla scelta di far intonare al coro cui partecipa Inge brani allusivi al tema erotico, straniante contrappunto. Una vena di umorismo nero percorre tutto il film, quasi un esorcismo della fine incombente che da ultimo rivendica il proprio posto, in un epilogo limpido e straziante quanto striato di ambiguità (l'impassibile volto di Inge al cimitero).
