Erotico

SEGRETI DIETRO IL MURO

Titolo OriginaleKabe no naka no himegoto
NazioneGiappone
Anno Produzione1965
Genere
Durata90'
Fotografia

TRAMA

All’oscuro del marito sindacalista, una donna di mezz’età porta avanti da anni una relazione con un altro uomo, insieme al quale manifestava tra le schiere del movimento pacifista, al tempo delle proteste studentesche contro il Trattato Nippo-Americano. L’uomo è uno dei sopravvissuti alla tragedia di Hiroshima: ex attivista di sinistra, segnato da un bubbone inestirpabile (dovuto alle radiazioni della bomba), è ora diventato un rispettabile uomo d’affari, perfettamente integrato nello stesso sistema contro cui un tempo combatteva. La donna, fattasi sterilizzare per devozione nei confronti dell’amante (divenuto sterile a causa delle radiazioni), è ora invecchiata e disillusa. Nel frattempo, un giovane studente universitario, represso e ossessionato dal sesso, la spia dalla finestra di fronte con sempre più insistenza. Dopo essersi eccitato con alcune riviste porno americane, tenta di violentare, in un crescendo di follia, sia la sorella che la dirimpettaia. Finirà in tragedia.

RECENSIONI


Quando in patria viene classificato come «disgrazia nazionale», nel 1965, Wakamatsu ha già una ventina di soft-core alle spalle. A procurargli tale nomea, all'epoca, non era tanto l'alto tasso di sesso e violenza mostrato nel suo ultimo film, un esempio particolarmente deviato e deviante di pinku eiga (la sexploitation giapponese, affermatasi nei primi anni '60), ma l'improvvida partecipazione alla Berlinale di quell'anno. Che Segreti dietro il muro rappresentasse il cinema del Sol Levante in Occidente era per la censura governativa semplicemente inaccettabile, così, a fronte dei veti imposti dal Giappone e malgrado gli ampi consensi di critica e pubblico raccolti al festival, tra i due Paesi si scatena un piccolo incidente diplomatico, mentre si consuma la rottura definitiva tra Wakamatsu e la major Nikkatsu. Qualche anno prima era successo qualcosa di molto simile a Oshima, regista di punta della Shochiku con i primi tayozoku eiga (filone  di film giovanilistici) prima di venir disconosciuto a seguito del ribollente Notte e nebbia del Giappone, ritirato dalle sale dopo pochissimi giorni. E come Oshima, con il quale Wakamatsu intreccerà un lungo sodalizio, tanto ideologico che produttivo (per l'amico produrrà L'impero dei sensi), l'ex fattorino (yakuza fallito, reduce dalle patrie galere, libertario feroce) fonderà la sua personale casa di produzione, restando così indipendente a vita. Ma è già con Segreti dietro il muro, vero atto fondativo del suo cinema, che Wakamatsu si sgancia di netto da logiche d'intrattenimento industriale per farsi progressivamente più politico e personale. È l'esordio de facto di un autore estremo e irriconciliato, che si serve di un genere considerato marginale e abietto per piegarlo a grimaldello espressivo, veicolando pulsioni e istanze rivoluzionarie insieme (e grazie) al sesso - terreno su cui si giocano, facendosi immediatamente leggibili, tutti i rapporti umani, tanto sociali che politici.


Cronaca nera di voyeurismo e follia, (soft)porno d'impotenza e di morte, Segreti dietro il muro inchioda un racconto dai risvolti hitchcockiani (l'ossessione scopica, brutalmente ispessita di segno, è il cuore dello scarno intreccio) alle pareti di un claustrofobico complesso residenziale, anonimo e concentrazionario, emblema perfetto del contenimento (e del livellamento) di passioni fisiche e politiche. Per la protagonista, non a caso,è una prigione da cui sogna di uscire, ma l'amante le ricorda che, dovunque vada, il paesaggio non cambierebbe, perché è il Giappone intero ad essere lastricato di muri ciechi e stanze asfissianti. Il fallimento politico del movimento contro la guerra, all'indomani della ratificazione del Trattato Nippo-Americano (sul quale verteva anche Notte e nebbia del Giappone, da cui Segreti dietro il muro mutua parte del cast di non professionisti, provenienti dal Kyoto University Theatre Group), ha gli effetti di una castrazione collettiva, in grado di amplificare il senso di sconfitta e di generale disillusione, sentimenti ereditati dal vuoto culturale e ideologico del secondo Dopoguerra. E la repressione, tanto sociale che sessuale, è il solo sentimento condiviso. Wakamatsu non manca d'ironia quando infierisce sul ridicolo declino dei rivoluzionari di dieci anni prima: se la donna si è ridotta a casalinga frustrata e insoddisfatta, per giunta impossibilitata a diventare madre (ossessione che tormenterà anche la donna di Embryo), l'amante, malgrado il feto radioattivo che avvelena le sue stesse carni, lucra senza scrupoli sulla guerra in Vietnam. A prevalere, però, è la rabbia, l'attacco frontale a una società atomizzata e repressa, illusa e spossessata di sé, inabissatasi nella nevrosi letale di chi crede ai simboli più della realtà stessa.


La vertiginosa dissociazione è espressa a chiare lettere da due sovrimpressioni: nella prima, contenuta nel flashback iniziale, scorrono sul volto della donna i ricordi delle proteste studentesche (trattasi di found footage documentario), mentre lei si avvicina gradualmente all'orgasmo e tocca eccitata l'escrescenza radioattiva dell'amante (la mostruosa cicatrice provocata dalla bomba, quella stessa che l'ha resa indirettamente sterile), godendo – alla lettera – del suo valore simbolico (Sei un simbolo di Hiroshima, un simbolo del Giappone.... Un simbolo del pacifismo..); nel secondo caso, quando lo studente si masturba, si sovrimprimono all'immagine diverse figure di donne nude (presumibilmente americane), chiari ritagli mentali dai Playboy che tiene nascosti in camera (oltreché virtuali, si tratta di modelli erotici esteri, secondo un parassitismo basicamente politico che permette all'Occidente di colonizzare anche l'immaginario sessuale dei giapponesi). Inevitabile porre a contrasto le gioie dell'autoerotismo di questa stessa scena con la frustrazione sessuale in cui il ragazzo si troverà, impotente, al momento di violentare una donna vera: come in Angeli violati, è proprio quest'impotenza a portare all'incontrollabile crescendo di violenza finale, logica conseguenza, per Wakamatsu, di un coito mancato (nonché suo ovvio surrogato, similmente ai wurstel lasciati cadere sul corpo della sorella), così come l'astinenza di compagnia, d'amore e di sesso sembra portare l'attempata condomina a togliersi la vita, nell'inciso narrativo più tragico e intenso del film.


Appello viscerale e clandestino alla riappropriazione dei corpi e dei sensi, il ritorno alla carnalità prospettato da Wakamatsu non può non avere ripercussioni grafiche scioccanti, poiché a scampoli d'erotismo morbido e conturbante (mani, volti e piedi lattei a dilungarsi nell'avvolgente formato panoramico) si alternano senza soluzione di continuità i primissimi piani di iniezioni endovenose o di ferite da ustione atomica, e l'oscillazione tra attrazione e repulsione provoca e disorienta, a maggior ragione se il punto di vista di chi guarda coincide, come nella scena della doccia, con quella dello stupratore stesso. Politico fin nel midollo, Segreti dietro il muro mira a dimostrare come l'autoritarismo e la repressione chiamino a gran voce l'esplosione della libido e della violenza. È il motivo su cui torna da sempre il cinema di Wakamatsu, opera dal simbolismo grezzo e vitale (perchè mai dimentico dei corpi a cui si appella), crudele e poetico a un tempo, teso a rovesciare l'estetica anedonica, distante e immobilista tipica del cinema dei vecchi maestri con primi piani epidermici e stacchi rapidi e selvaggi, contrappuntati da un uso del suono espressionista e anti-naturalistico, come ad esternare in forma dissonante gradazioni e involuzioni di animo e psiche.