TRAMA
Alex Fletcher, componente di un duo musicale di successo negli anni Ottanta, dopo lo scioglimento del gruppo è caduto nel dimenticatoio e vivacchia facendo serate per fan nostalgiche. Finché non gli capita l’opportunità di rilanciarsi scrivendo una canzone per una giovane star del momento.
RECENSIONI
La nuova commedia brillante e romantica con Hugh Grant ha due anime.
Il binario sentimentale è privo di idee e di reale interesse. È improbabile il modo in cui la sbadata giardiniera rivela un talento per i testi musicali e diviene indispensabile al protagonista. In maniera a dir poco semplicistica viene trattato il “trauma irrisolto” della ragazza, scaricata da un professore che ne ha fatto la patetica protagonista del suo romanzo di successo; una linea narrativa sfiorata e quasi abbandonata in seguito. Lo scioglimento finale di tutti i problemi è poi di una superficialità e di un’improbabilità clamorose, laddove gli amari compromessi dello show business si dileguano in nome del romanticismo.
La storia d’amore vera e propria, insomma, ha ben poco da dire.
Quel che salva invece la commedia è l’altro binario, quello che porta avanti un’accurata ed ironica satira del mondo musicale.
Questa figura di ex divo pop che tira avanti ascoltando senza fare una piega le proposte umilianti della tv spazzatura (le meteore della musica chiamate a prendersi a pugni sul piccolo schermo), racimolando tour improbabili e concertini in hotel, luna park, supermercati, ha una forza comica e satirica imprevedibile. Le sequenze in cui ripropone i suoi classici e la sua immutabile coreografia a base di “allusivi” colpi di anca, concupito da un modesto ma caldo gruppetto di ex ragazze, sono la fotografia buffa e amara delle carriere di tante fugaci star della musica e dello spettacolo in generale.
Ed il cantante dai pantaloni attillati impersonato da Hugh Grant riesce a mostrarsi al tempo stesso patetico, incline ai compromessi, eppure tutto sommato superiore a tutto questo, nella sua sorniona capacità di accettare il meccanismo per quello che è, e la sua stessa esistenza per quella che è.
Al suo fianco un affezionato agente, compagno fedele di sfortuna e di humor.
È riuscito anche il personaggio di Cora, parodia delle cantanti adolescenti circondate da uno stuolo di servi costretti a sopportare i loro umori e la loro stupidità per beneficiare del loro successo. Lolite senza sostanza artistica che vivono di immagine, divise tra balletti e divise sexi e ridicole pose spiritual-new age. Questo capriccioso idolo di carta richiama tutte le starlette in stile Spears, Aguilera, Shakira che dominano il mercato musicale contemporaneo, imponendo anche a figure di maggior maturità e talento di inseguirne i vezzi per non ritrovarsi drammaticamente “fuori dal giro”.
Ciliegina su questa torta sono i titoli di testa del film, che mostrano il video musicale degli anni Ottanta che segnò il massimo successo del gruppo dei Pop! Perfettamente credibile nel sound, nel look dei due cantanti (un Grant con capigliatura giovanilistica e cerotti spianafaccia) e della cotonata ragazza di turno, nella demenzialità teatrale imperante, il video è in breve tempo diventato un tormentone scaricatissimo in Rete. E chi ricorda i kitschissimi anni Ottanta riconoscerà i modelli di riferimento: i Pop! fanno il verso a Wham, Duran Duran e Pet Shop Boys.
Benché continui a dirsi assolutamente negato per il canto ed il ballo, Hugh Grant non sfigura affatto nelle sue prestazioni canore (d’altra parte il soggetto non prevede che sia una grande ugola quanto sufficientemente piacione) e, forse per merito della tecnologia, riesce persino ad eseguire dignitosamente diversi brani da solo al pianoforte.
A Hugh Grant, che pure un bravo attore non è mai stato, va riconosciuto che nessuno come lui sa interpretare un certo tipo di commedia. Ha un quid, nella presenza e nello stile recitativo, che lo rende ideale per queste parti. Che si tratti dell’innamorato imbranato ed irresoluto di Quattro matrimoni e un funerale e Notting Hill o del playboy mascalzone di Bridget Jones ed About a boy, l’attore inglese sembra la prova che a volte il physique du role supplisce al limitato talento.
Drew Barrymore, cui va riconosciuta una notevole disinvoltura, sembra però destinata all’eterno ruolo di comprimaria, sempre in secondo piano e relegata alle più scioccherelle delle commedie in circolazione.
Scrivimi una canzone rientra almeno a metà nella categoria.
