Drammatico

SATIN ROUGE

Titolo OriginaleSatin Rouge
NazioneFrancia/ Tunisi
Anno Produzione2002
Durata96'
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Lilla vive a Tunisi con la figlia Salma. Per una serie di coincidenze la donna scopre la vita di un locale notturno e ne diviene la ballerina.

RECENSIONI

Vince il Torino Film Festival 2003 un film che narra le vicende di una donna che, scoperto un mondo diverso a pochi metri da casa, arrotonda le sue entrate facendo la danza del ventre ogni notte: la gente normale sembra non sospettare e, se sapesse, sarebbe pronta a giudicare. Melò a metà strada tra il classico Sirk e le sue più recenti riletture (Fassbinder e Almodovar), SATIN ROUGE riesce  soprattutto nel ritratto della sua protagonista, che da timida madre apprensiva, che richiede un po' di attenzioni dalla figlia, si trasforma prima in una danzatrice provetta, poi in una calda amante del futuro genero, infine in una sorta di virago che determina, con fermezza, il destino proprio e altrui (il finale allude chiaramente all'inizio di un inconsapevole - per la figlia - ménage a trois). Film profondamente femminile, diretto da una regista al suo debutto, SATIN ROUGE, che deve molto a una scrittura che ben rende le sfumature, descrive, senza eccessi lirici, l'incontro tra due ambienti e l'ipocrisia di una società: Lilia è una figura che ne sfida, prima timidamente poi con orgogliosa coscienza, le convenzioni e la morale. Un premio meritato che potrebbe preludere a una distribuzione italiana.

La giuria di questa edizione del TFF è sembrata mettere d’accordo un po’ tutti premiando il film di Raja Amari, giovane regista tunisina e critica cinematografica al suo primo lungometraggio. “Satin rouge” è un’opera profondamente femminile che si propone (riuscendoci) di registrare un cambiamento, un passaggio da una condizione di chiusura e subordinazione (alla memoria del marito scomparso e alla tradizione) a un’esistenza gioiosamente libera, al di fuori di ogni vincolo. Il punto di forza del film è senza dubbio rappresentato dalla potenza delle scene di ballo all’interno del locale di cabaret, attraverso le quali assistiamo a una “presa di consistenza” di un corpo che messo in movimento contrasta i confini imposti da una stasi non solo individuale ma sociale.

Ha vinto il festival. Non che la cosa significhi molto, ma insomma... della serie “una regista donna racconta una storia di donne del suo/loro paese (Tunisia) che ci dice qualcosa anche del suo/loro paese di cui sopra”. Non so se quanto detto faccia veramente parte di una serie ma questa è l’impressione che mi ha fatto il (bel) film della giovane Raja Amari, che è un film ben costruito, non privo di ironia, più profondo di quel che sembra e sicuramente maturo ed “abile” nell’evitare gli scivoloni retorici e/o moralistici che la storia raccontata faceva paventare.