
TRAMA
Nato da donna sterile, Sansone, dalla forza sovrumana, è l’eletto di Dio per salvare il popolo d’Israele dal giogo dei filistei. Ma è attratto dalla bellezza delle donne del nemico e finisce col sposarne una.
RECENSIONI
Per l’ambizioso progetto televisivo dell’italiana Lux Vide, che ha messo in sinergia capitali, attori e maestranze internazionali per portare sul piccolo schermo, dal 1993 al 1999, 13 lungometraggi della serie “La Bibbia”, Ted Turner, uno dei finanziatori, coinvolge Nicolas Roeg, di cui aveva prodotto l’eccellente film TV Cuore di Tenebra. L’autore inglese, riaffidandosi alla penna di Allan Scott (Oscuri Presagi), a differenza delle precedenti riduzioni (Cecil B. De Mille nel 1949, Lee Phillips, sempre per la televisione, nel 1984), affronta la figura dell’eroe Sansone in una chiave psicologica ed allegorica più in linea con il suo modo di fare cinema, ritrovando l’amato tema del “viaggio” all’interno di se stessi, dove Sansone, arso e frastornato dai due fuochi della vendetta e della lussuria, perde la forza fisica per trovare quella della fede. Sono volutamente sottolineati i punti di contatto di questo con altri “miti” biblici (soprattutto quello di Gesù): il concepimento impossibile, il tradimento, il disegno divino, i poteri sovrumani, la via crucis, le figure femminili simbolo di inganno e peccato (con Dalila capricciosa come Salomè). Roeg, più di tanto, dallo scopo precipuo della serie non si può discostare: adattare, più o meno fedelmente, il testo sacro, nel rispetto della fede cristiana. La sua libertà creativa è limitata a qualche passaggio montato in modo allucinatorio, ad una manciata di crudezze, a frequenti e inusitate (per il tipo di prodotto) riprese con camera a mano per inquadrature oblique e dal basso. L’aggravante è la debolezza drammaturgica, per passaggi poco credibili (l’esagerata reazione di Sansone alla soluzione dell’indovinello; la dinamica della rivelazione a Dalila del segreto della sua forza), per mancanza di nerbo (epica, passaggi emozionanti) e di qualità costante al pari della raffinata, sagace, bellissima scena del “bacio rubato” da Dalila a Sansone nel finale. Elizabeth Hurley è una Dalila perfetta: scioglie con lo sguardo; Eric Thai è privo di carisma; Dennis Hopper è un portento, peccato non sia stato elaborato maggiormente il suo personaggio. Spettacolare finale e un leone animato dalla factory di Jim Henson.
