Horror

ROVINE

Titolo OriginaleThe Ruins
NazioneAustralia/U.S.A.
Anno Produzione2008
Genere
Durata91'
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Quattro teenagers americani all’ultimo giorno di vacanza in Messico, su invito di un ragazzo tedesco, accettano di visitare un antico sito maya “non segnato sulle mappe”. Non l’avessero mai fatto…

RECENSIONI

Nessuna particolare notazione stilistica, in Rovine, se non quella sostanziale generale del comodo inserimento nel filone della caccia all’americano. Da Hostel 1 e 2 a Turistas, a prescindere dalla varia riuscita, si tratta di istanze cinematograficamente alla moda e proficue che si reiterano in serie, di fatto con poche e poco significative variazioni: tra queste non figura lo script, in assoluto il dato più sciatto del pacchetto, che suona copia-incollato dalle produzioni qui sopra, solo un po’ peggio (“L’unica possibilità è fuggire”, “Lo sento dentro di me”, “Voglio andare a casa”, eccetera). Diversa, nel nostro caso, può essere l’ardita trasposizione politica: gli Stati Uniti, occupati in medie frivolezze, ascoltano il pungolo culturale dell’Europa ma non sanno difenderlo, dato che questo sarà il primo a cadere, mentre ancora la “paura del diverso” si rivela esattamente riposta. L’Antico sbrana il Contemporaneo: la civiltà maya tortura i suoi visitatori, la civiltà ellenica arriva fuori tempo – è scopertamente beckettiana l’attesa infinita dei giovani greci: “Loro ci verranno a salvare”. Poco da dire anche sull’indice gore: livello medio, generalmente incerto se andare su o giù, con punte a sorpresa come la lunga ripresa dell’amputazione. Nel secondo film di seguito con piante assassine, vicino a The Happening solo per la trovata di genere – ma non per il presunto scavo metalinguistico -, rimbalzano pesanti alcuni messaggi: c’è l’attacco alla modernità, con il trillo del cellulare piegato a esca per la mattanza, i vizi sotterranei dell’occidentale medio (dall’indolenza alla diffidenza attraverso il tradimento) ma anche l’inevitabile, quindi da evitare, “forza dell’amore”. Senza ironia: i personaggi parlano molto e molto convinti. Citazione all’unica sequenza che incide davvero il terrore dell’atavico: la partenza dei teens, l’inizio del binomio fine delle certezze – morte, in particolare la mdp sul cappello di Amy perso nella polvere, l’“oggetto confine” che significa “distacco”, addio alla civiltà, smarrimento esteriore come presagio di quello interno, a ogni livello, con i rami delle piante a sostituire le ramificazioni delle vene. Solo una scena, che va comunque rilevata.