TRAMA
2028: la multinazionale OCP trova in Alex Murphy, poliziotto vittima di un attentato, il soggetto ideale per il primo cyborg. Il dottor Norton che lo ha in cura vuole riallacci i rapporti con la famiglia ma le esigenze della OCP vanno oltre il benessere del robocop.
RECENSIONI
È scontato che il film, nel confronto con il cult seminale di Paul Verhoeven, perda su tutta la linea: su suolo americano Verhoeven era un terrorista di generi che innescava deflagrazioni e il suo Robocop criticava in modo feroce il sistema capitalistico, le logiche dei media e l’ambigua politica statunitense nello scontro fra principi, violenza e ansia di sicurezza. Gli sceneggiatori del remake sono i medesimi, Edward Neumeier e Michael Miner e si mormora abbiano solo rimesso mano alla bozza originale che Verhoeven scartò, preferendo alla seriosità la satira per miscelare grottesco, brutalità e dramma dell’uomo-mostro. In questo “writer’s cut” cambia praticamente tutto, normalizzandosi nel dramma familiare: la produzione ha preteso che il brasiliano José Padilha, fattosi notare con Tropa de Elite (non a caso, incentrato sulla violenza della polizia), evitasse efferatezze e divieti, rincorrendo il meno possibile i voli pindarici del predecessore. Meglio così: ha dato vita ad un’opera completamente differente che può essere giudicata senza confronti, venendo a mancare (figura del robocop a parte) i termini di paragone. Come blockbuster di genere è di tutto rispetto, convenzionale ma drammaturgicamente e spettacolarmente efficace, sorretto da prove attoriali convincenti (con Gary Oldman e Michael Keaton una spanna sopra tutti). Proprio quando tenta di riallacciarsi alle chiavi satirico-politiche del prototipo, nei siparietti con Samuel L. Jackson che perora la causa dei robot poliziotto, fallisce. Per il resto è un convincente dramma umano senza troppi quesiti etici, che punta sulla lotta del singolo contro i potenti corrotti e sull’elemento umano contro il software.
