
TRAMA
Marty raggiunge Doc, bloccato nel Far West del 1885, perché scopre che sarà ucciso da un bandito. Ma Doc si innamora di una maestrina e la macchina del tempo si rompe: hanno bisogno di un treno per tornare nel futuro.
RECENSIONI
Stesso schema, personaggi, interpreti, situazioni ed espedienti dei precedenti capitoli: una continua autocitazione che, tutto sommato, è debolezza ma anche forza di un’opera che, così, ispira familiarità e simpatia. Certo l’idea della collocazione “western” da parodiare lo impoverisce, in quanto è un genere già di per sé molto codificato, ma rimangono le trovate divertenti (Marty che, incontrando gli avi del vecchio West, dice di chiamarsi Clint Eastwood) e il ritmo lesto di una formula vincente quanto facilmente clonabile (sceneggiatura di Bob Gale, su soggetto suo e dello stesso Zemeckis), anche se in un contesto che detta toni più umanistici e colori seppia. Più protagonista che mai con una buffa storia sentimentale con Mary Steenburgen (che ricopre, volutamente, lo stesso ruolo di L’Uomo Venuto dall’Impossibile di dieci anni prima), è sempre imprescindibile la contagiosa stramberia del personaggio di Christopher Lloyd. Girato simultaneamente a Ritorno al Futuro parte II (montato mentre si girava il terzo) di cui, narrativamente, è una diretta continuazione, guadagna in compattezza drammaturgica e perde in vivacità, bollicine, situazioni spassosamente imbarazzanti.
