Commedia

RIPRENDIMI

TRAMA

Due filmaker girano un documentario su una giovane coppia, Giovanni e Lucia, per mostrare la realtà dei lavoratori dello spettacolo, ma il lavoro prende una piega diversa.

RECENSIONI

Il giovane cinema italiano è un continuo tentativo, un tentativo che vive a mezza strada tra il voler dire cose in modo originale e il seguire le tendenze in voga, distaccandosi dai consolidati moduli rappresentativi, ma i risultati continuano ad essere di pochezza sconcertante. Nei rassicuranti toni della commedia la Negri batte il sentiero del mockumentary senza percorrerlo interamente: il film non è un falso documentario, pur proponendone alcune caratteristiche (le riprese dall'occhio della camera dei documentaristi, le interviste ai protagonisti che fanno da contrappunto a ciò che vediamo), perché mai si abbandona la strada maestra della narrazione oggettiva che mette in campo tutti i protagonisti, osservati e osservanti. La Negri ci dice che, in un mondo di lavoro precario, precaria è la vita, precari sono i sentimenti, che riflettere su questi temi equivale a riflettersi, che si conosce una realtà quando ci si ri-conosce nella sua rappresentazione, sia essa quella di un reality o di un documentario di ambiguo realismo (il sapersi ripresi è già un'alterazione).
Le figure in campo agiscono e commentano, i documentaristi fanno da coro salvo entrare nella vicenda e divenirne parte integrante (ripeto: il tournage incide sugli avvenimenti, li modifica). Riprendimi (gioco di parole: ci si riferisce all'abbandono di Giovanni e alla caparbia volontà di Lucia di rientrare nella vita di suo marito, ma anche, ovviamente, alle riprese del documento) è incerto e anodino, l'idea centrale rimane lettera morta (i siparietti dei protagonisti sono superflui, ossequiano solo il dispositivo), la scrittura zoppica, i personaggi mendicano spessore (gli attori, salvo Foschi, se la cavano, la Lodovini continua a sembrarci un'attrice e una presenza scenica che merita ben altri copioni).
L'impressione, per questo film, come per tanto cinema italiano in erba, è che ci si ostini ancora a voler raccontare la realtà per puro calcolo, senza una vera curiosità per essa; che si ricerchi un modello di messa in scena che debba colpire prima che essere realmente funzionale in relazione all'argomento trattato; che i cineasti badino al contesto produttivo nel quale il loro lavoro si incornicia (che vuol dire, per l'autore, inserirsi in un sistema, legittimarsi all'interno di esso) prima ancora che al lavoro in sé.