
TRAMA
Lui, docente universitario di Storia romana, è problematico e tormentato proprio come piace a Lei, che gli si manifesta eternamente solare e comprensiva. Lei, insegnante di liceo vive immersa nel presente, ritenendo che «una cosa è già bella durante, non solo dopo, quando te la ricordi».
RECENSIONI
Ricordi? si addentra in un territorio difficile, soprattutto in un cinema, quello italiano, tradizionalmente legato a filo doppio a un realismo affidato a regole non scritte, ma perentorie: Mieli scansa la logica della pedissequa ricostruzione dei fatti, vaga nelle memoria (e nei suoi inganni), tra le sue luci e le sue ombre in modo letterario, la narrazione restando a metà strada tra la corretta esposizione degli avvenimenti e la loro idealizzazione fuorviante, i pezzi di passato come tessere di un mosaico che si va a ricomporre lasciando vuoti e incertezze. Perché il ricordo è sempre incompleto e bugiardo: quello piacevole diventa bello tout court (la doppia versione del primo incontro), piallando, come in un Photoshop mentale, tutte le imperfezioni («Non sarà mai più così bello. Finiamola qui»), quello spiacevole è invasivo, si fa fumo obnubilante che arriva a inquinare anche il presente (le riletture a posteriori, interpretazioni opportunistiche del tempo che fu). Ma il regista non si limita a questo, associando alla libertà della struttura e al superbo lavoro di montaggio e découpage, un’impronta visiva che conferisca alle immagini quella sensorialità che il racconto presuppone e richiama verbalmente: insiste sugli umori, gli odori, i sapori - il profumo che riattiva la reminiscenza ha del proustiano -, lo stesso titolo facendo riferimento non solo a un passato da rievocare, ma anche da riassaporare. Il film allora - senza l’ansia di rendersi immediatamente comprensibile, ma agendo a un livello più profondo - procede rapsodicamente, salta da un tempo all’altro, collega il presente alle radici. E il protagonista, che torna a vivere nella casa della sua infanzia, inciampa inevitabilmente nel suo vissuto, incrocia i dati, fa bilanci continui, confronta il deserto attuale alla felicità che fu, cercando cause, valutando effetti, nascondendo tracce troppe dolorose, ritrovandone altre quasi involontariamente. Perché la storia d’amore che sembrava il cuore di questo racconto a scacchiera si rivela anch’essa un ricordo che presenta diverse sfumature. La memoria - il film continua a dircelo - ha tante gradazioni: il passare del tempo sposta i baricentri, sconvolge ogni priorità e diviene il flusso nel quale è difficile individuare la verità (ce ne sono troppe, non ce n’è nessuna). Mieli (già a suo agio con i giochi sul tempo: Dieci inverni è diventato un piccolo cult) è abilissimo nello sposare l’operazione di concetto che mette in campo a quella di una ricerca formale che l’assecondi anche in chiave poeticamente visiva (il finale - visionario, lirico, con il brano al pianoforte tradotto in animazione come una collana di note sgranate - costituisce l’apoteosi dell'andamento musicale dell'opera che sgrana le memorie) dipingendo immagini che, più che testimoniare, riemergono da abissi personali, intimi: immerge i suoi personaggi in un’atmosfera sospesa e mitica, dove il presente sembra non esistere mai, tutto svolgendosi in una dimensione mentale (lo dimostra la lettura di Il barone rampante che si rimette in scena nella propria testa), in cui non ci sono che tracciati interrotti. Perché qui si restituisce un mood in forma di conflitto di caratteri e narrazioni: Lui tende a tornare sui brutti ricordi perché ai traumi imputa i suoi fallimenti, Lei racconta solo quelli belli, perché i peggiori ha deciso di tenerli per sé. Film a suo modo spericolato (ma fosse un indie americano forse si griderebbe al capolavoro), Ricordi? riesce nell’impresa di disorientare lo spettatore piuttosto che rassicurarlo, ma accogliendolo in questo smarrimento con tutti gli onori.
