TRAMA
Oh è il rispettabile dirigente di un’azienda di cosmetici. L’uomo deve affrontare la morte della moglie dopo una lunga malattia e l’attrazione per una nuova collega.
RECENSIONI
Oh è un uomo perbene combattuto da un dilemma interiore: mentre la moglie sta morendo inizia a provare attrazione fisica per la collega Choo Eunjoo. La processione funeraria, in apertura, rende antifrastico il titolo rivivere e suggerisce una predominanza della Morte, quindi nello sguardo dell’uomo si sviluppa un confronto tra figure: da una parte il corpo deperito della coniuge, che lo costringe a interrogare l’immaginazione nell’atto sessuale, dall’altro l’erotismo istintuale intorno al fisico di Choo, che si declina in zoom e parziali sui dettagli ripassando consapevolmente l’archetipo del “primo incontro”. L’occhio di Oh, seppure si posi sulla donna, non è mai smanioso: la osserva naturalmente, perlustrandola ma restando un passo indietro rispetto alla tensione sessuale. E questa non è una scelta pudica di rappresentazione, ma una prima posizione etica assunta dal protagonista, a partire dal suo campo visivo: l’attrazione c’è, non si nega, ma viene indirizzata a guardare ciò che è consentito, “il giusto”, non va oltre.
Nel dipanarsi della vicenda, la frammentazione temporale acutizza ulteriormente il problema: il montaggio 'entra' nella memoria di Oh, recuperando frammenti che favoriscono l'accostamento delle donne, in un'alternanza tra passato prossimo e presente, fino al momento in cui i piani si incontrano (l'arrivo di Choo alle esequie). Questo 'confronto nella memoria' è in grado di interpellare di continuo sia il protagonista che lo spettatore, dando vita a un rovello mentale dall'esito incerto che lentamente inizia a comporre una soluzione. La rivelazione è ancora affidata al montaggio: alla domanda della figlia, «Hai mai amato la mamma?», Oh non dà risposta ma interviene uno stacco, un flashback lancinante di montaggio/memoria, a mostrare l'uomo che si improvvisa badante e assiste la moglie in bagno. La risposta decisiva è nella rievocazione di un'immagine. Revivre, centoduesimo film di Im Kwon-taek, è il ritratto di un novello principe di Clèves, che lotta per non tradire la moglie persino dopo la morte. Il coreano maneggia i codici di genere sentimentale, dalla 'prima vista' al gioco di sguardi e all'avvicinamento, per poi smentirli seccamente: Oh si mantiene rispettabile fino in fondo, anche nella dinamica capitalista della lettera di presentazione, che è un gesto 'da amico' e funzionale ad allontanare la tentazione, dunque è solo carta e non un pegno d'amore. E' la realizzazione di una consapevolezza che diventa atto etico: dopo l'agnizione della foto rinvenuta nel portafogli, Oh respinge l'opportunità del secondo amore. L'esserci del primo, trapassato ma vivo, ne occlude la possibilità. Oh fugge, si pone in controtempo e 'controspazio' rispetto a Choo (lui esce dalla casa, lei entra), ma in realtà 'in tempo' sull'unico amore plausibile, quello per la moglie. Nelle pieghe del programma di Venezia 2014 si offre un parallelo tra due film sudcoreani, Revivre e Hill of Freedom di Hong Sang-soo. In Hong il giovane Mori insegue una ragazza passata, ma calato nella contemporaneità finirà per andare con un'altra. Malgrado ciò il nuovo rapporto è solo sostitutivo, riempimento di un vuoto, tanto che preferirà rifugiarsi in sogno per ritrovare l'oggetto amato. In Im il protagonista rifiuta lad'ulterio post-mortem. In entrambi, seppure divisi da generazioni e visioni del mondo, l'approdo è comune: la mente può divagare, l'occhio può posarsi su altri corpi, ma l'Amore è uno e definitivo. Al contrario di molti autori-entomologi, per Im e Hong l'adesione ai loro personaggi è totale: onestamente dalla loro parte, in piena empatia, i film combaciano con le rispettive oscillazioni e si chiudono allo stesso modo, col ritorno al vero amore che è sempre astratto (l'uno defunto, l'altro sognato). Per questo sono registi fuori tempo, sostenitori di un cinema che non si fa (quasi) più, ultimi umanisti al tempo del cinismo, che nel ricordare la sostanza di un sentimento 'puro' esercitano la loro resistenza.
