TRAMA
Il Duca avvelena la moglie di Vindici, colpevole di averlo respinto. Dieci anni dopo, Vindici torna dall’esilio in cerca di vendetta…
RECENSIONI
Le Maschere della Morte
Tratto dall’omonimo, confuso e frastornante dramma di Thomas Middleton, il film è una farsa macabra e irriverente, in cui décor (kitsch più di quanto sia possibile dire, un frullato di stili dai ‘70 a dopodomani) e attori (superbi, specie Eccleston, cranio rasato e piglio da fool, e Jacobi, un incrocio fra Brando, il suo Francis Bacon di Love is the Devil e un tiranno shakespeariano) contano più della regia, abbastanza piatta: più che sulle inquadrature, Cox si concentra sull’allestimento, nel senso più teatrale del termine. Lo script ha ottime idee, fin dall’autobus fantasma del prologo; oltre alla spettacolarità livida e mortuaria di alcune scene (la morte del Duca), è interessante il tentativo di leggere il testo attraverso la lente deformante (e rivelatrice) della società dello spettacolo. La tragedia di Vindici si tramuta con naturalezza quasi sconcertante in una satira dei mezzi di comunicazione di massa: il satellite “occhio del Duca” che riprende tutto quello che avviene e finirà per immortalare un incesto ducale, il “nobile Antonio”, un magnate di pochissimi scrupoli che utilizza televisioni e giornali di sua proprietà per impossessarsi del potere, la santificazione mediat(ic)a di una nobildonna suicidatasi, pare, in seguito a uno stupro (interpretata da Sophie Dahl, top model già testimonial della Opium, qui un innesto fra Lady D, Evita e Jackie Kennedy), persino, in un flashback, la folgorante carriera del Duca, dal catering al trono in Liverpool di un futuro poco remoto (nell’ultima inquadratura compare un’immagine della regina Elisabetta II, con evidente riferimento alla sua omonima predecessora). A un film così estroso e sfacciato si perdona (quasi) tutto.