Drammatico

RED ROAD

Titolo OriginaleRed Road
NazioneGran Bretagna/Danimarca
Anno Produzione2006
Genere
  • 66542
Durata113'
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Jackie lavora come operatrice in un centro di sorveglianza con telecamere a circuito chiuso. Ogni giorno vigila su una piccola parte della città di Glasgow, proteggendo la gente che vive sotto i suoi occhi. Un giorno le appare sul monitor un uomo, un uomo che non avrebbe mai voluto rivedere. _x000D_

RECENSIONI


Il progetto Adavance Party, ideato da Lars Von Trier, prevede tre film diretti e scritti da autori diversi, ma con al centro i medesimi personaggi creati da Anders Thomas Jensen e Lone Scherfig.
Andrea Arnold, al suo debutto nel lungometraggio (ma forte di un corto oscarizzato), sfodera uno stile informale, fa uso della dogmatica camera a mano e, memore di Blow up di Antonioni (e, soprattutto, della sua ipertrofica variante, Snake eyes di De Palma) moltiplica gli sguardi su una realtà ora solo scrutata e distante (e significativa in un senso), ora vicina e palpabile (e portatrice di tutt’altre valenze). Lo sguardo della protagonista - la cui freddezza nasconde una ferita bruciante -, dapprima onnicomprensivo, poi man mano più concentrato su un’unica persona, diventa quello dello spettatore in un film che si adegua alla costante modalità scopica (Rear window?) e che, di conseguenza, si distende su tempi sospesi e dilatati.
Red road scopre le sue carte poco e poco smentendo l’impressione ossessiva iniziale e rivelando come base della maniacale osservazione, dietro l’apparente impulso attrattivo-repulsivo, un razionale, freddo intento di vendetta, la sceneggiatura presentandosi, quindi, come un insieme di tessere che formano un mosaico che completa il suo senso e il suo significato solo alla fine.
La Arnold conduce il suo lavoro con rigore e non affretta l’escalation rivelatoria che conosce il suo acme in una scena di sesso forte e disperata, magnificamente girata, reale chiave di volta nella progressione narrativa. Non lontano dai giochi fatali di un Kieslowski (la protagonista interviene nella vita di Clyde, ne devia il corso in una direzione precisa, approfittando del suo vantaggio, il suo punto di vista privilegiato da “grande fratello”) e da certe riflessioni hanekiane il film, girato in digitale, pur zoppicando nel finale (la redenzione a dir poco affrettata) è un solido lavoro che merita la visita.
Premio della giuria al Festival di Cannes 2006.