
TRAMA
Nel 2020, i pugili sul ring sono stati sostituiti da robot. Charlie Kenton ne possiede uno e gira il paese per incontri fallimentari. In cambio di denaro, accetta di accudire il proprio figlio undicenne: quest’ultimo raccatta un vecchio robot da una discarica e, con esso, iniziano a vincere.
RECENSIONI
Come da ricetta la sceneggiatura di John Gatins, regista, non a caso, di Dreamer - La Strada Per La Vittoria, dove la piccola Dakota Fanning raccoglieva un cavallo da corsa “ammaccato”. A ogni passo del racconto, sono visibili gli schemi che la compongono e s’intuisce, sia nella sfera privata sia in quella pubblica, dove si andrà a parare. A valere è l’idea di base del racconto “Acciaio” (1956) di Richard Matheson, già adattato per la serie Tv “Ai confini della realtà”: i produttori ne approfittano per unire, al miele di un padre in riavvicinamento al figlio, la spettacolarità da Transformers, con robot digitali e animatronici perfettamente mascherati nelle riprese dal vero. Funziona, all’inizio, la spuria ambientazione “cowboy” fra rodei, camion on-the-road e fantascienza ma, purtroppo, il tutto si trasforma nel solito racconto alla Rocky (consulente per gli incontri: Sugar Ray Leonard), opera plagiata anche nelle dinamiche dell’incontro finale. È accattivante la rivalsa dell’acciaccato robot (“estensione” del ragazzo undicenne) e del grande loser (il padre, che torna sul ring per la gioia del figlio), ovvero il tema della rivincita dell’elemento umano sulla tecnologia ma la malaugurata idea di far agire un undicenne come un adulto rende tutto indigesto: quando, dopo vari atteggiamenti inverosimili, senza timidezza alcuna e in mondovisione, il ragazzo s’appropria del microfono, sfida i campioni e incita la folla, cadono le braccia. Gli autori barattano l’esaltazione dello spettatore con la credibilità del personaggio. La regia aggrava la situazione scegliendo per due volte di accelerare gli eventi: nella prima parte, quando né il protagonista né lo spettatore hanno maturato l’idea che il rottame sia un campione, parte la passerella apatica dei suoi successi; nell’incontro finale, quando non è scontato che vinca, s’attiva, senza motivo, il fast forward. Fra fantatecnologia, bambini, sentimenti e rapporti con i padri, siamo in pieno territorio Spielberg, non per niente produttore esecutivo.
