TRAMA
Félicie, incinta, per errore dà l’indirizzo sbagliato all’innamorato e non si vedono più. Cinque anni dopo è indecisa fra Loïc, un intellettuale, e Maxence che la invita a Nevers, nel suo nuovo salone di parrucchieri.
RECENSIONI
Lo sguardo divino di Rohmer ama incondizionatamente Félicie, nonostante appaia, inizialmente, smorfiosa, capricciosa ed egoista. Stimola un processo empatico con la sua figura e con il potere della fede, ponendo le basi di una parabola edificante che esorti a non abbandonare i propri sogni per non tradire se stessi e un disegno “superiore” che, pur esprimendosi attraverso Caso e lapsus, casuale non è mai. Incrementa la poetica sentimentale del “Lui, Lei, l’Amore” sui rimpiazzi collezionati da Félicie, perennemente insoddisfatta in un inverno dei sentimenti sautetiano finché il richiamo dell’Altissimo in Chiesa la colloca al posto giusto, non scendendo più a compromessi. Nella prima parte, l’incertezza della protagonista si specchia nel raccontare vacuo del film, con divagazioni che, però, diventano anche la principale attrattiva: le vedute di Nevers; la dialettica fra chi si nutre di libri e chi fa parlare solo i propri sentimenti, citando Platone e Pascal senza esibizionismi intellettualistici per non confondere lo strumento d’indagine della realtà con quest’ultima, che ha pari valore; il parallelo con l’opera teatrale omonima di William Shakespeare in cui, specularmente, Ermione viene “ritrovata” attraverso la Fede ed una predisposizione d’animo “magica” (aleggia lo spirito di Il Raggio Verde ma l’opera con cui il film ha più punti di contatto è La Mia Notte con Maud). Il cinema di Rohmer è in stato di grazia, ha bandito la malvagità, accetta il confronto solo attraverso la parola e trova nell’universo femminile l’alleato più consono.