TRAMA
Richard Sherman resta solo a casa: moglie e figlio sono in villeggiatura. Legge il testo di uno psichiatra sulle relazioni extraconiugali dei mariti e comincia ad avere ripetute fantasie sulla nuova vicina di casa, una seducente modella.
RECENSIONI
Feroce satira di Billy Wilder e della commedia teatrale di George Axelrod (co-sceneggiatore), su ipocrisia e moralismo del borghese (americano) medio. Impossibile resistere al candore esplosivo, alla sensualità con sorriso di Marilyn Monroe, immortalata nell’iconica scena della gonna che si solleva con l’aria dello sfiatatoio della metropolitana: l’attrice, da qui e per sempre simbolo della tentazione maschile, è pura proiezione soggettiva e, nella finzione, non ha nome. Il “prurito del settimo anno” del titolo originale, giocando con l’immaginario sessuale piccolo-borghese, prende forme insieme spassose e ridicole nel desiderio proibito di Richard/Tom Ewell, che riprende il ruolo ricoperto sul proscenio e che sogna continuamente di essere qualcun altro: grande seduttore irriso dalla consorte, irresistibile interprete del “Secondo concerto per piano” di Rachmaninoff, paranoico con proiezioni di adulterio sulla moglie. Wilder prende in giro Richard e il Codice Hays (cui si attiene eliminando varie ‘indecenze’ della commedia originale), dando corpo indiretto alla libido (la parodia del bacio sulla spiaggia di Da Qui all’Eternità, la bella e la bestia di Il Mostro della Laguna Nera). Le annotazioni sono anche amare, sulle ossessioni erotiche che nascono dalla frustrazione (Richard è goffo, fedele, con crisi di mezz’età e immaginazione) e dai paradossi dei miti del consumismo. Per quanto celebre, non è però l’opera migliore del regista: i troppi compromessi con la censura, di cui lo stesso Wilder s’è sempre lamentato, hanno snaturato il testo ed il suo senso (la ‘modifica’ maggiore è quella che elimina la relazione adulterina).