Commedia, Sala

PROMETTILO!

TRAMA

Campagna serba. L’anziano nonno manda il giovane Tsane in città per superare tre prove: 1) vendere la mucca Cvetka 2) comprare un’icona di San Nicola 3) trovare una ragazza da sposare.

RECENSIONI

Kusturica Repeat
La crisi di Kusturica passa per la ripetizione: Promettilo!, come La vita è un miracolo, è un altro riassunto di luoghi, temi e situazioni, tanto didascalico quanto prolisso. Si tratta di una parabola: l'eroe deve superare un ostacolo (le tre prove) per raggiungere l'obiettivo (l'amore della ragazza), quindi affronta l'antagonista (il piccolo gangster) con l'aiuto del comprimario (i due fratelli). Le contrapposizioni sono: giovane e vecchio, donna adulta e ragazza, campagna e città. Niente di male, sulla carta, per un cineasta che gli archetipi li ha sempre frequentati e personalizzati: ma ormai il meccanismo suona evidente, sostanzialmente meccanico, quasi inumano, l'eventuale riflessione sul complesso di uno stile (Kusturica che fa Kusturica) non è più ipotesi plausibile. Non c'è realizzazione del proprio fare cinema, bensì del punto di paralisi che questo ha raggiunto. Molte le prove: l'ironia del regista, concentrata su pochi obiettivi (l'ingenuità bucolica, il sesso), che si limita alla sottolineatura esplicita, vedi la visione balcanica dell'imperialismo americano che viene, semplicemente, spiegata con il plastico delle Torri Gemelle. Oppure la tecnica del repeat, applicata perfino alla costruzione scenica: alcuni nodi vengono ripetuti due volte, come la sequenza di Tsane sospeso nel vuoto (alla scuola e al night), forse alla ricerca di qualche simmetria e rimando interno. Nelle riprese teoricamente risolte, invece, a sballare sono i tempi: quando riesce l'accoppiata reale-surreale (il dialogo sulla campana), allora emerge l'incapacità di chiudere la sequenza prima che questa diventi tirata, squilibrata, superflua. L'accumulazione avviene per indecisione. Inoltre, a livello stilistico abbiamo un surrealismo stanco e involuto: dall'uomo volante all'incontro matrimonio-funerale, il massimo grado di sottigliezza raggiunto, ripreso addirittura da Blue Gipsy (17'), l'episodio del cineasta nel film corale All the invisibile children (per inciso, il corto resta il lavoro migliore di K. nell'ultimo decennio).
La crisi è inequivocabile, accettata per primo dall'autore: i passaggi sono tanto automatici che sembra ormai consapevole di rifarsi. La crisi è spersonalizzante (è un film del regista, ma il regista non c'è) e rende fuori luogo qualsiasi confronto col passato. La crisi è alleniana: si prendono i propri tratti riconoscibili, si congelano, poi si ripropongono e gradualmente diventano più scarni, statici nella forma, vuoti nel significato, ancora e ancora....