TRAMA
Shim Hakku e la figlia Chung sono gli unici superstiti al massacro della loro famiglia. La fanciulla crescerà così anche grazie all’amicizia dei fedeli Danchu (un cane), Gai (un’oca) e Teobong (una tartaruga).
RECENSIONI
Pasticcio alla coreana
L'animazione coreana non naviga in buonissime acque, visto le sempre minori commesse provenienti dall'occidente. Una riprova del periodo non particolarmente felice è il lungometraggio animato di Nelson Shin, che attraverso un'animazione tradizionale racconta una sorta di fiaba, radicata nella cultura locale, che manca tutti gli obiettivi del genere: non conquista per la tecnica, non particolarmente curata (il tratto del disegno non è sempre uniforme e crea differenze riconoscibili quando si tratta degli stessi personaggi), è poco convincente a livello cromatico (accostamenti di colori troppo accesi si affiancano ad altri poco incisivi), ma soprattutto ha una sceneggiatura disastrosa. I personaggi sono scialbi, gli accadimenti privi di logica e manca un'armonia d'insieme a conciliare la drammaticità di alcuni momenti (la morte della madre, la cecità del padre, il sacrificio della figlia, la mostruosità della creatura degli abissi) con l'eccessiva melensaggine e carineria di altri (il regno dei pesci, le gag sciocchine con gli animaletti dal chiaro intento sdrammatizzante, il finale edificante). A peggiorare il tutto contribuiscono anche la suddivisione in quadri separati da dissolvenze in nero, che paiono creati unicamente per lasciare spazio agli inserti pubblicitari, e l'andamento sgangherato della narrazione: una partenza piatta e confusa, un picco in cui il dramma rischia di accendere l'interesse e una conclusione imbalsamata da un buonismo solo formale.
