Fantascienza, Noir, Recensione

PREDESTINATION

Titolo OriginalePredestination
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2013
Durata97’
Tratto dadal racconto di Robert A. Heinlein
Fotografia
Montaggio
Scenografia
Costumi

TRAMA

Un agente temporale, nel tentativo di fermare un terrorista bombarolo, resta sfigurato: il suo nuovo volto è quello di un barman che conosce Joe, nel passato donna che tentò di entrare in un’agenzia spaziale. L’agente vuole reclutarlo.

RECENSIONI

È nato prima il gallo

Avvezzi a zombi, alieni e vampiri scritti (male) di loro pugno, stavolta gli australiano-tedeschi Spierig (Undead e The Daybreakers, sempre con Etahn Hawke) si affidano al geniale racconto di Robert A. Heinlein “Tutti i miei fantasmi” (All you zombies, 1959), con rispetto e ampliamenti: per movimentare nel giallo (colore dominante) e giustificare il Temporal Bureau, aggiungono la traccia sul “Bomber”, declinandola affinché intersechi i paradossi temporali inventati dallo scrittore. Vanno oltre, con i paradossi del nemico fortificante da preservare e della letterale coesistenza, nello stesso individuo, di preda e predatore (chi genera chi?). Anche l’inedita idea del volto sfigurato è funzionale (in un libro i visi non si vedono): l’aggiunta della figura dell’agente-capo, invece, sottrae claustrofobia alla solitudine (figlia della Consapevolezza?), annulla la soggettiva di una mente schizofrenica e non serve il cortocircuito esistenziale, dove la canzone “I’m my own grandpa” poggia sul dilemma dell’uovo e della gallina (il gallo?), in una spirale che porta fino al Creatore. Nel tentativo di approfondire le conseguenze del paradosso di Heinlein sull’identità del personaggio e sui concetti di Predestinazione e Libero Arbitrio, i fratelli Spierig preservano misteri ed enigmi affidandosi ad esasperanti dialoghi ellittici/forbiti e a non contestualizzati colpi/cambi di scena (e tempo: 1945, 1963, 1970, 1975, 1985…): il percorso è faticoso, non sempre ben governato ma discretamente compiuto e affidato ad una drammaturgia coraggiosa (spiegone finale per immagini escluso) che, a specchio del (co-?)protagonista ermafrodita, è trans-gender, parte come fantascienza (d’azione, poi ponderosa e retrofuturista), diventa sitcom alla “Cin Cin”, noir (Io narrante, impianto investigativo: Blade Runner. Peter Spierig, alle musiche, imita Vangelis), dramma infantile (il dolore dell’orfano e del diverso con l’excursus nel dopoguerra), thriller Blown Away, racconto sentimentale e film d’addestramento, chiudendo con un’angustiante dichiarazione d’Amore a se stessi. Si nasce soli, si muore soli. Fondamentali Sarah Snook e il suo trucco: l’ultimo paradosso dell’opera è la sua somiglianza, in abiti maschili, a Leonardo Di Caprio.