TRAMA
Grazie a Kevi che ha messo in salvo i risparmi di famiglia, i Tucci di Torresecca sono ancora i milionari più screanzati d’Italia.
RECENSIONI
La parodia della gergalità regionale è un classico che attraversa la stagione dell'avanspettacolo e giunge fino alla contemporaneità del Bagaglino. Contemporaneo il Bagaglino, il palcoscenico teatral-televisivo che ha fatto da ponte tra la prima e la seconda Repubblica, il tempio ridanciano delle controfigure carnascialesche che credevamo anacronistico già ai tempi della sua messa in onda? Beh, di fronte a Poveri ma ricchissimi ci si accorge che lo spettacolo della ditta Pingitore, ripetuto all'infinito per 46 anni ininterrotti di programmazione, senza alcuna novità ad eccezione del nome, rimane un modello di riferimento.
Punto di forza del film di Fausto Brizzi resta ancora quella del corpo grottesco, incarnato da De Sica versione Trump (vero e proprio claim del film), che riporta a mente le imitazioni ruffiane costruite sul gioco essenziale delle iconografie (fisiche, gestuali, verbali) di Lionello & soci: corpi grotteschi privati però della loro furia distruttiva e destrutturante, della violenza iconoclasta, per adeguarsi a un'impronta famigliare, conveniente, conforme all'intrattenimento di prima serata.
E questo restare dentro un confine “rappresentabile” rende la deformazione innocua, mediocre; tanto quanto la comicità, che risponde troppo giudiziosamente a logiche eufemistiche, a un senso della misura, al rispetto delle regole; una comicità, già ampiamente collaudata, così attenta ad aggirare ciò che potrebbe risultare contraddittorio o conflittuale da risultare sfasata, imbolsita, consolatoria e rassicuarante, non a caso degnamente rappresentata dall'umorismo di Brignano fondato sull'immagine dell'indignados da borgata, del ragazzotto semplice che dice le cose come stanno, su un senso comune socialmente riconosciuto che non si deve mai obiettare.
Il comico al cinema da troppo tempo tende a tradursi in istant film: come al solito in Poveri ma ricchissimi l'intenzione è quella di mettere bonariamente alla berlina, in modo ipertrofico e stile iperrealistico, attraverso una galleria di sempre “nuovi mostri”, tic, modi, comportamenti ma soprattutto difetti di un'Italia ormai votata all'ideologia burina, priva di senso politico, facilmente corrompibile, ma alla fine capace di riconoscersi soltanto nei sacrosanti valori della famiglia. Quindi, a chiusa e a chiosa del discorso, possiamo riprendere una battuta di De Sica: «l'uomo deve visita' tutte le spiagge prima di decidere dove piantare l'ombrellone della felicità».
