Fantascienza, Recensione, Thriller

POSSESSOR

TRAMA

Tasya Vos è un’assassina per una compagnia in grado d’impiantare la sua mente in corpi altrui. Ha il compito di uccidere padre e figlia nei panni del fidanzato di quest’ultima, ma tutto va storto e le menti nel corpo dell’ospite lottano per il predominio.

RECENSIONI

Al secondo lungometraggio dopo Antiviral, Brandon Cronenberg parte da un soggetto meno sorprendente, appartenente al ricco filone fanta-thriller in cui si scambiano corpi, identità e pugni mentali per affermare il sé all’interno dello stesso contenitore. Ha poca importanza, comunque, in un cinema prettamente figurativo ed evocativo, fondato sulla stilizzazione e le sensazioni visive da onda cerebrale che fomenta elucubrazioni, sempre covato maleficamente nel segno del padre ma con minore carica disturbante e talento discorsivo. Un approccio personale, con la forma in musica (Jim Williams) che fa la differenza, nuovamente ossessionata dal virus (qui chiamato “verme”) che entra nel cervello e s’impadronisce virtualmente della volontà, prendendo ancora le mosse da un suo cortometraggio (Please Speak Continuously and Describe Your Experiences as They Come to You). All’inizio, fra “pad”, impianti nella testa e supposta realtà vicaria, sembra di tornare nel mondo di eXistenZ, sul cui set Brandon mosse i primi passi, ma questo è un altro pianeta. Con rossi e gialli sparati, è un oggetto volutamente confuso e lisergico fondato sullo sdoppiamento di personalità, sulla schizofrenia nel controllo della narrativa, confondendo sete di sangue dell’assassina e disorientamento dell’ospite, soggettiva di un possessore a disagio con la propria realtà recitata e soggettiva dell’impossessato dalla violenza. L’identità in loop, sciolta come un manichino di cera, genera una mattanza, si plaude al talento per gli effetti visivi fatti di montaggio e flash disturbanti, ma le scene che nascondono un’idea potente non sono molte: da segnalare, almeno, quella in cui l’ospite sgretola la testa dell’assassina per, poi, indossarne la maschera. Per dire: non so se ero Io.