Drammatico, Recensione

PORCI, GEISHE E MARINAI

Titolo OriginaleButa to guntan
NazioneGiappone
Anno Produzione1961
Durata108’

TRAMA

Il porto di Yokusuka, grazie alla base navale americana, vive di commerci vari, compresa la prostituzione. Una banda decide di far soldi comprando i rifiuti delle navi per un allevamento di maiali: fra essi c’è un ragazzo ingenuo, pungolato dalla fidanzata affinché abbandoni tutto e viva con lei una vita più sana.

RECENSIONI

La pellicola che rese noto all’estero il cinema di Shohei Imamura, al tempo stesso realistico e grottesco, duro ma con speranza (nel finale): a parte certe magnifiche soluzioni espressivo-tecniche ricorrenti nel suo cinema (il primo carrello all’indietro per le vie della perdizione di questo porto, il plongée sullo stupro, la pioggia incessante), è il testo insieme tragico, pessimista, edificante (senza mai edulcorare il Male) a colpire nel segno. Un’allegoria sferzante, che esorta il Giappone a trovare la propria strada (quando un bambino legge un’elegia del proprio paese, Imamura inquadra i maiali…) mentre lo ritrae ad arrabattarsi nel dopoguerra (e, in questo, ricorda le acri commedie all’italiana) e a imbastire un parco-giochi umiliante a beneficio degli americani: le prostitute che accusano la polizia militare di affamarle con le loro retate, gli uomini che si vestono da hawaiani, i tipici figuri loschi del regista (vedi Desiderio Inappagato) che cercano il colpo grosso, il degrado cui conduce la fame (di denaro, d’amore), l’acculturamento dove, invece che i Jefferson e i Lincoln, gli indigeni preferiscono imitare i gangster dei film hollywoodiani (ma Imamura non si accontenta mai di una verità e fa dire a un cinese: “Leva la maschera all’idealista e troverai un maiale”). Nei suoi primi film, l’autore lavorava spesso con gli stessi attori e ripercorreva gli stessi temi (ad esempio, quello della donna che tenta di raddrizzare la via del compagno irresponsabile) e stilemi (riempire il racconto di personaggi, dettagli ed eventi) e, in quelli migliori, la sua iconoclastia e vena anticonvenzionale lo portavano a girare scene potentissime, memorabili: qui ci sono, almeno, quella in cui i maiali invadono lo schermo (di una potenza simbolica immane) e il doloroso finale. Unica pecca, la direzione degli interpreti, a volte troppo caricata sul versante comico.