Fantascienza, Thriller

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TRAMA

Un ingegnere vende tre anni della sua vita per sviluppare un progetto top secret di cui non avrà memoria. Qualcuno non rispetta i patti.

RECENSIONI

Da un racconto breve (1953) di Philip K. Dick, autore ossessionato dai temi dell’identità, dell’autodeterminazione e dell’apparenza: John Woo non ama la fantascienza, rifiuta di ambientarlo duecento anni nel futuro e ne appiattisce lo spessore simbolico (ma non l’aveva girato lui Face/Off?) per esaltare la sola suspense e l’all-action. Cerca il romanticismo ma trova solo gli stunt di Mission: Impossible 2 e Once a Thief (richiamato anche dal finale a tre, con commedia rosa e un goffo colpo di scena già annunciato). Manierato più che mai (non c’è niente di clamoroso nel montaggio, nelle riprese, nel lirismo), adagiato su di un impianto iconografico d’ordinaria amministrazione, imita pallidamente se stesso, seguendo lo slogan del biglietto da visita che presenta alle major quando è in cerca di lavoro: “John Woo, specialista in sparatorie, inseguimenti e combattimenti”. Per i fans inserisce come griffe (e cavoli a merenda) due marchi d’autore/fabbrica come lo stand-off di pistole e la colomba bianca. Per i cinefili veste Affleck come Cary Grant in Intrigo Internazionale e fa svolazzare sopra la sua testa un elicottero. Ci mancherebbe solo che (per i critici più tronfi?) volesse citare Vatel accompagnando la Thurman con dei pappagalli. La mystery-story di Dick fa quel che può (accattivante l’idea del rebus degli effetti personali salvavita), poi la sceneggiatura s’ingarbuglia e preferisce l’insulsa spettacolarità all’approfondimento di certe tematiche (controllare il proprio futuro pur essendone ignari, confermarlo nel momento in cui si cerca di prevenirlo), quelle che, insieme al fascino futuribile dell’autore (qui assente), hanno fatto la sua fortuna. John Woo lavora alla rovescia come il suo protagonista (che deve ricostruire tre anni di vita), snatura Dick per costringerci alla visione di Daredevil e Kill Bill in onnipresenti scaramucce che di musical(e) non hanno più nulla.

Immaginiamo il film come una grossa arancia. L'aspetto e' rotondo, nutriente e colorato: un regista abile nell'abbinare un'azione sofisticata con l'interiorita' di personaggi lacerati da conflitti viscerali e insanabili; una coppia di star molto glamour e, soprattutto, un autore letterario che si puo' considerare un vero pilastro della fantascienza. Purtroppo, pero', dopo i primi morsi la polpa diventa amara e il rosso fuoco si smorza in un sempre piu' pallido arancio, fino a privare, frutta e cinema, di qualsiasi sapore. Peccato, perche' il film parte bene: non si distingue per originalita' ma lancia spunti intriganti. L'odissea del protagonista ignaro del pericolo crescente che gli gravita intorno e', infatti, oltre che un classico tema hitchcockiano ("Intrigo Internazionale" sembra una fonte primaria di ispirazione), anche un pretesto narrativo ad alto tasso di suspence. Ben Affleck, pero', di Cary Grant ha solo il vestito e si limita a bamboleggiare per tutto il film, piu' preoccupato della sua telegenia che dell'espressivita' del personaggio (a quando un bio-pic su Big Jim?). Non fa molto meglio la sua compagna di schermo Uma Thurman; in vacanza dalla Katana di Tarantino si aggira flemmatica e svogliata, sforzandosi di apparire bella e simpatica e risultando tutt'altro. Sacrificato anche Paul Giamatti nei panni del ciccio ma buono; di lui risentiremo comunque parlare con l'uscita di "American Splendor". Quanto alla regia, pare che la prima scelta fosse Brett Ratner (qualcuno si ricorda il suo "Red Dragon"?) e che John Woo, in origine produttore esecutivo, sia subentrato solo successivamente. Comunque siano andate le cose, la mano del regista cinese si riconosce a fatica: l'immancabile svolazzo di colomba (piu' che mai posticcio), i duelli faccia a faccia, le pistole grintosamente spianate. Ma l'azione e' noiosamente improbabile e la lunga sequenza di inseguimento tra moto, auto ed elicotteri sopperisce con la frenesia del ritmo alla totale assenza di adrenalina. Soprattutto ha la grave colpa di trasformare il protagonista da uomo pur geniale, ma comune, in banale supereroe, perdipiu' con rigurgiti di stonata ironia (i battibecchi con la Thurman hanno la leggerezza di un colpo di macete). Anche gli inserti digitali hanno il grave difetto di mostrare con evidenza la loro origine di sintesi. Tutta la parte finale si evolve cosi' in un gran baraccone privo di qualsiasi tensione, che risolve in modo didascalico i possibili spunti apocalittici (tremendo il protagonista che spiega tipo "ciak lezioncina!" perche' e' meglio non conoscere il proprio futuro) e non si preoccupa nemmeno di rattoppare gli evidenti buchi di sceneggiatura (ma Affleck non ha conosciuto la Thurman prima che la memoria gli venisse cancellata?). Dell'arancia iniziale e' rimasta una spremuta di banalita'. Si continua a bere solo per la trama congegnata dal prolifico Philip K. Dick, poco fiducioso sul progresso tecnologico e sulle capacita' dell'uomo di sfuggire alla catastrofe. Ma l'omonimo racconto non trova nel progetto visivo di John Woo, e narrativo di Dean Georgaris, una degna rappresentazione e finisce per confondersi con la mediocrita' di un qualsiasi action-movie. Ora una mela, grazie!