TRAMA
Pauline, 15 anni, arriva a Granville per trascorrere la fine dell’estate a casa della cugina Marion.
RECENSIONI
Pauline à la plage, trentaseiesimo lavoro di Eric Rohmer girato nel 1983, fa parte del ciclo Commedie e proverbi: “Chi parla troppo si danneggia”, è la frase di Chrétien de Troyes che di consueto apre la pellicola. Il film è imperniato su quattro personaggi principali, più un paio di figure di contorno: Pauline (Amanda Langlet), 15 anni, è in vacanza a Granville affidata alla cugina più grande, la bellissima Marion (Arielle Dombasle). La donna si contende il cuore di due uomini: Pierre (Pascal Greggory), giovane e bello, ma anche geloso e disperato, e Henri (Feòdor Atkine), esperto seduttore più maturo e disilluso. Pauline osserva gli intrecci che si sviluppano tra gli adulti, intanto sulla spiaggia incontra il coetaneo Sylvan (Simon de la Brosse).
Fondamentale l’ambientazione scelta da Rohmer: Granville, sulla costa della Normandia, alla fine dell'estate. Siamo a settembre, il tempo non è più favorevole (i protagonisti si tuffano nelle onde alte, Pierre a Pauline: “Hai freddo?” – Pauline: “No, non ho freddo”), i colori iniziano a ingrigirsi, la sensazione è quella del tramonto di qualcosa. Una bolla di vetro - insomma - al di fuori della quale scorrono altre vite qui solo accennate: Marion è già stata sposata, Henri confessa di avere amato in passato, “Ho tante ragazze in città” sostiene Sylvan. Pauline à la plage, scritto personalmente dal cineasta, è in primo grado un minuzioso esercizio di cinema dialogico. Le sequenze catturano le lunghe discussioni dei personaggi, spesso presi “in contropiede” (la cinepresa non inquadra chi parla, ma le reazioni dell’ascoltatore), che si soffermano su concetti astratti: soprattutto Amore, l’attesa del sentimento e la sua piena realizzazione (possibile o impossibile?), come accade nella ripresa iniziale a casa di Henri.
Pauline è il centro di tutto: la sua figura sono gli occhi dell’adolescenza che si soffermano sugli adulti, naturalmente, ma – esattamente come il corrispettivo maschile Sylvan – detiene anche un particolare potere di smascheramento. Sono i ragazzi a svelare gli adulti nelle loro vere intenzioni: li osservano, li mettono alle strette, ottengono confessioni. Poi interviene nel tessuto il principio di imitazione: ragazzi e adulti si rimandano a vicenda, come nella doppia scena del ballo Pauline/Sylvan e Henri/Marion. E proprio per questo i ragazzi iniziano gradualmente a corrompersi, mettendo a rischio il loro patrimonio iniziale di purezza: si consideri la scena di letto tra Pauline e Sylvan, che di fatto nelle dinamiche non suona dissimile dai comportamenti dei “grandi”. L’ingresso nell'età adulta, la graduale coincidenza dei gesti è il cuore del racconto agrodolce del regista.
Nel finale, non a caso, Pauline accetta sorridendo il suggerimento di Marion: quello di 'auto-ingannarsi', rileggere a suo favore le schermaglie amorose dei partner, credere a ciò che si vuole per ritrovare la tranquillità interiore. La legge di pensare e agire secondo la propria convenienza è, per Pauline, una sorta di superamento dell'adolescenza: si chiude il portone della villetta di Granville - così come si era aperto all'inizio -, si torna in città, si può entrare nella stagione matura della vita. La fine dell'estate erano gli ultimi giorni della fanciullezza. Prima di questo abbiamo vissuto un lungo passo a quattro fra i protagonisti: qui il regista supera il presunto tratto teatrale offrendo, in verità, riprese che si affidano totalmente all'immagine. Si prendano i numerosi incroci in spiaggia tra i personaggi e le scene centrate su Pauline (Amanda Langlet in un'interpretazione assoluta), soprattutto alle prese con gli uomini (il bacio sfiorato con Pierre, il viscido risveglio provocato da Henri). In virtù di questa accuratezza nella costruzione, la cinepresa restituisce a Rohmer non la descrizione della realtà: al contrario un'atmosfera sospesa e indefinita, che attinge al bacino del Mito (Marion/dea, Pauline/ninfa ecc.) e mantiene saldo il senso di mistero. Nei rapporti tra personaggi tante possibilità sono accennate: se Marion andasse con Pierre? L'idea assurda di Pierre con Pauline?
Scolpito sul suo telaio umano/sentimentale irrisolto, il film sfugge ogni interpretazione definitiva, si concede solo al campo delle ipotesi; riferimento per generazioni di cineasti (si pensi al ruolo della 'spiaggia' in Ozon) oggi è potenzialmente rivedibile e percorribile all'infinito, come ogni classico che congela il quadrante del tempo.