Horror, Sala

PARANORMAL ACTIVITY 3

Titolo OriginaleParanormal Activity 3
NazioneUSA
Anno Produzione2011
Genere
Durata84'
Scenografia

TRAMA

1988. Katie e Kristi sono delle “normali” bambine. Scopriremo l’origine delle manifestazioni paranormali.

RECENSIONI


Terzo capitolo di un'opinabile saga che sembrava adagiarsi in un format pressoché immutato, Paranormal Activity 3 rivivifica con divertito distacco la limitante gabbia teorica delle due operazioni precedenti. Cancellata una dv, si passa ad uno scatolone di vhs misteriosamente scomparso, apertura a un presunto prequel, beffardo disvelamento di un'ossessione scopica e creativa (quella di Danny) che, invece di interpretare la realtà, la perturba nella finzione, invocando, con un work in progress rasente la pornografia, il demone/immaginario fin lì (in) potenziale.
La videocamera supera l'autore rendendosi partecipe in uno scenario che ribalta (meta)fisicamente l'attività dello sguardo, incapace di controllare il proprio materiale, cadendo nello scacco di bambine-attrici che sfottono l'idea stessa di mettere in scena. C'è poco da fare per la premurosa e sdolcinata new entry famigliare, invadente e prolisso desiderio di regia ben presto intrappolato in quel gioco di scatole cinesi molto caro a certo genere, ove la subordinazione di ruolo (e di funzione) è quanto di più scontato.


Paranormal Activity 3 deve tutto alla baldanza dell'accoppiata Henry Joost & Ariel Schulman , molto attenti nella costruzione di soluzioni visive che estenuano lo spettatore, lasciandolo in balìa della disattesa ghignante, senza però soffocare una tensione di imprevedibilità strutturata intorno all'esibizione stessa del meccanismo, tanto artificioso quanto fonte d'inquietudine: dal motorino di un ventilatore adattato a cavalletto mobile che intensifica la Presenza del fuoricampo, al rispecchiamento frontale del dispositivo su armadi a specchio. Si cade nel tranello, catturati dall'attenzione di elementi quasi sempre inutilizzati (porte semichiuse, scale poco luminose, etc) ma non per questo colmi di una prevedibilità così marcata da concedere al behind the camera o allo spazio non inquadrato di metterci in scacco. Trastullo registico? Può darsi, ma perlomeno l'operazione ha dalla sua un che di accattivante complicità con il fruitore, ben presto assecondato da un'apertura verso l'occulto e l'orrorifico che se ovvia in termini narrativi, lo è(ra) di meno nell'ideologia dell'opera: è il nostro voyeurismo malsano, sfidante i limiti della privacy infantile e domestica, il canale che apre le porte al Male, materializzandolo?

Piccola postilla. Come messo in luce nel finale e in tantissimo cinema contemporaneo, la Donna ha da tempo riconquistato nell'immaginario collettivo il proprio Potere, attraverso una restaurazione di ordine gerarchico che vede nel riflesso archetipale femmineo il proprio vertice, nell'imprescindibile legge del dare vita e, quindi, la morte.