TRAMA
Holly scopre che il suo defunto marito ha lasciato per lei una serie di lettere per aiutarla a superare il dolore della perdita e farla tornare a vivere.
RECENSIONI
Richard LaGravenese viene ricordato soprattutto per la sua opera di sceneggiatore, nei suoi script essendo riuscito a delineare una poetica discretamente riconoscibile: personaggi in pieno stallo emotivo, che si muovono ai limiti della solitudine, che battono strade inusuali per sfuggire a questo destino. Da L'amore ha due facce di Barbra Streisand al Manifesto Romantico degli anni 90 (I ponti di Madison County di Eastwood), per approdare allo splendido, misconosciuto Living out loud, il suo debutto da regista (targato 1998 e uscito in Italia come Kiss, con Holly Hunter e Danny DeVito), che si poneva come summa, anche dolente e del tutto considerevole, del suo mondo, un lavoro che metteva bene in luce una delle sue doti migliori: la costruzione di caratteri sfaccettati (tutti, i secondari compresi), spesso fragili, assolutamente credibili, in lotta con sentimenti ora scoperti ora nascosti, comunque problematici, e solleciti nel riflettere all'esterno le loro intime turbolenze.
P.S. I love you, tratto dal romanzo di Cecilia Ahern, cammina sullo stesso solco tematico, puntando in maniera più marcata verso la commedia romantica: da questo punto di vista LaGravenese dimostra tutta la sua limpida ammirazione nei confronti dei classici del genere (esplicitamente richiamati - la tv -, la Swank del resto si chiama Holly come la Golithly di Colazione da Tiffany sfoggiando mise chic che fanno inevitabilmente pensare alla Hepburn) facendo leva su elementi codificati: dialoghi a tratti indiavolati, canzoni strappalacrime (che da sempre l'autore utilizza in chiave narrativa: non fa eccezione questo film, si pensi al pezzo dei Pogues cantato dal prete alla cerimonia funebre esilarante -, al doppio karaoke o al brano che la protagonista ascolta nel pub irlandese che apre l'ennesimo flashback, facendo da premessa all'avventura con quello che scopriremo essere il migliore amico del defunto marito), colpi di fulmine, puntigliosa dialettica tra i sessi, tutti i corollari della difficile filosofia dello stare insieme, il sostanziale femminismo, le lettere d'amore, le amicizie complici e motori di sviluppi.
Il racconto di questo percorso guidato all'elaborazione del lutto si sviluppa, dunque, per standard, per condurre, attraverso un puzzle che invade passato e presente (in reciproca prospettiva), alla felice chiusa del teorema sentimentale. Un film di spudorato romanticismo che non ha mezze misure nel porre quello che, direttamente o indirettamente, è il tema di ogni rappresentazione, l'Amore (che di quello, sempre e comunque si parla), appena appena complicato dal Sesso, al centro esplicito dellattenzione, per trattarlo, secondo la crudele logica del ricordo, con la serietà del saggista (il dramma della protagonista è tangibile: anche nei momenti più divertenti, Holly rimane una giovane che ha perso prematuramente il marito) pur nella predilezione dei toni brillanti o paradossali della commedia hollywoodiana (il sipario iniziale, che introduce i due personaggi principali, dietro il divertimento di fondo, cela il problema sostanziale del figlio che la coppia non si decide ad avere, per ragioni contingenti).
Il regista, se si eccettua qualche lungaggine, afferma con determinazione questa opera come affettuoso oggetto fuori dalle logiche dominanti, di solida, univoca lettura, di programmatico ottimismo, di canonici buoni sentimenti che, rispettando i termini di una nobile tradizione, sa sempre come evitare la melassa.