TRAMA
Un giorno, l’elefante Ortone sente un debole grido d’aiuto provenire da un granello di polvere. Scoprirà che la minuscola particella contiene la comunità dei Chi, abitanti della città di “Chi non so”. Nonostante in pochi credano alla sua scoperta, Ortone decide di proteggere i nuovi amici dai pericoli della giungla.
RECENSIONI
Se Godzilla ci ha insegnato, con la forza del marketing, che "le dimensioni contano", arriva ora Ortone a cambiare le carte in tavola per ricordarci che "ogni persona è importante per piccola che sia" (slogan di cui si sono impropriamente impossessati gli antiabortisti). In origine fu il libro illustrato del Dr. Seuss, scrittore e vignettista famosissimo soprattutto negli Stati Uniti, che nelle mani della Blue Sky diventa un coloratissimo film in computer grafica, per grandi ma soprattutto piccini. Mentre in America il lungometraggio ha potuto contare su un personaggio e un autore ormai entrati nell’immaginario collettivo, in Europa sarà più difficile trovare la necessaria complicità con una favola piacevole ma assai esile dal punto di vista narrativo. Ken Daurio e Cinco Paul dilatano infatti le poche pagine del libro di Seuss con indubbio mestiere ma senza osare più di tanto. Ciò che manca è un contrasto forte in grado di avvincere e giustificare il ripetuto messaggio, universalmente condivisibile, di elogio della fantasia, accettazione della diversità e allargamento dei propri orizzonti. Il Buono è infatti caratterizzato con simpatia e coerenza (la scoperta di un mondo nuovo da proteggere scatena nell’elefante Ortone un senso di responsabilità), le motivazioni del Cattivo, invece, (l’infida Cangura che teme la fantasia di Ortone come elemento addirittura destabilizzante dell’ordine costituito) risultano alla lunga pretestuose e asservite un po’ troppo sfacciatamente ai fini educativi dell’operazione. Molto più riuscito il rapporto tra il protagonista e il primo cittadino del mondo dei Chi-non-So, dove la contrapposizione tra la mole di Ortone e l’infinitesimale dimensione degli abitanti si sviluppa attraverso gag per lo più brillanti. Al di là della sceneggiatura, però, dalle dinamiche elementari e con una progressione prevedibile, ciò che più colpisce è la resa visiva. In questo senso la Blue Sky, dopo i due L’era glaciale e Robots, si conferma uno dei pochi rivali della Pixar nell’animazione digitale (non a caso il co-regista Jimmy Hayward proviene dalla società creata da John Lasseter), con uno stile riconoscibile dato da forme arrotondate e colori vivaci a cui si affianca una particolare ricerca nell’espressività dei personaggi, ognuno estremizzato nella mimica per esaltare il lato comico della vicenda. A partire dal protagonista Ortone, costruito sulla fisicità di Jim Carrey (il che, data l’ingombranza del modello, non è sempre positivo). Tra splendide scenografie (la sterminata distesa dei fiori di trifoglio su tutte) e vertiginosi movimenti della macchina da presa per vivacizzare le sequenze di azione, l’avventura scivola edificante e moderatamente briosa senza arrivare però a imprimersi nella memoria, perlomeno dei più grandi. La versione italiana affida a Christian De Sica la voce di Ortone con risultati più che dignitosi, anche se qualche eccesso “romanesco” (pochi, per fortuna) si poteva evitare.
Non si poteva rendere servizio migliore ad una bella favola del Dr. Seuss (del 1954, in rima come la voce fuori campo, seconda avventura dell’elefante Ortone dopo “Ortone cova l’uovo” del 1940): la sceneggiatura mantiene ed esalta tutti i messaggi edificanti, affatto semplicistici; regia e creativi restituiscono la sua fantasia, nel momento in cui il maggior talento dell’autore è quello di inventarsi sempre universi paralleli al contempo unici e riconoscibili. L’ottima animazione digitale accompagna lo spirito umoristico alla Warner Bros, dato che a produrre sono gli ormai mitici Blue Sky Studios de L'Era Glaciale: molti brani e ingredienti sono davvero meravigliosi o geniali, da citare almeno l’animazione 2D che rappresenta l’immaginazione di Ortone (in cui si citano la serie tv ispirata alla favola e Dragon ball). Unica nota dolente, al solito, la versione italiana: Christian De Sica, al posto di Jim Carrey, propina un accento romano e fa battutacce assenti nell’originale e, nell’unica parte cantata dell’opera, “Can’t fight this feeling” dei Reo Speedwagon in italiano sembra un canto sguaiato da osteria dove ognuno va per conto suo.