TRAMA
“Egitto, 2011. Alcune settimane prima della rivoluzione. Noredin, ufficiale di polizia nel Corrotto sistema del Cairo, indaga sull’omicidio di una cantante al Nile Hilton (The Nile Hilton Incident, il titolo originale). Quando scopre il coinvolgimento dei vertici del potere egiziano, Noredin cambia posizione e si schiera dalla parte di chi è indifeso. Un thriller politico basato su una storia vera” (dal pressbook del film).
RECENSIONI
Film di pregevole fattura che utilizza la tumultuosa temperie sociale e gli eventi immediatamente precedenti alla Primavera Araba come tela di fondo, Omicidio al Cairo è un noir con tutti i crismi: protagonista cinico e senza scrupoli ma non privo di coscienza, morti improvvise e violente, sicari spicci e brutali, ambigui rapporti di potere all'interno dell'istituzione poliziesca, doppi e tripli giochi, ricatti politici, corruzione dilagante e femme fatale d'ordinanza. Per illustrare decorosamente il dialogo tra la vicenda raccontata dal film (ispirato alla storia vera dell'omicidio di Suzanne Tamin, celebre cantante libanese assassinata il 28 luglio 2008 a soli 31 anni) e lo sfondo storico non c'è cosa migliore che riportare le dichiarazioni di Kristina Åberg, cofondatrice di Atmo (la società di produzione del film) insieme allo stesso regista Tarik Saleh: "L'intenzione di Atmo è di raggiungere un pubblico internazionale per rendere nota la corruzione del sistema egiziano, un sistema che assomiglia a quelli di molti altri Paesi. Le democrazie non sono prive di corruzione, però non si tratta di qualcosa con cui la persona comune deve fare i conti ogni giorno. La Primavera Araba in Egitto fu soprattutto una rivoluzione contro la polizia e la corruzione, e iniziò il 25 gennaio 2011, proprio il giorno in cui l’Egitto celebra le forze della polizia (Police Day). Omicidio al Cairo è un film che descrive cosa portò i giovani egiziani a sollevarsi contro la polizia e l'élite corrotta, preannunciando la rivoluzione".
Non c'è dubbio che, malgrado la programmaticità del progetto Atmo, Omicidio al Cairo conquisti efficacemente l'incrocio tra tensione drammatica e denuncia politica, scivolando soltanto nella parte finale, in cui la storicizzazione viene rimpiazzata goffamente dalla ricostruzione dei disordini pubblici e delle manifestazioni di piazza. Tuttavia questo capitombolo didascalico/letterale non compromette la tenuta del film, giacché il racconto della vicenda dell’ufficiale di polizia Noredin (interpretato egregiamente da Fares Fares, attore svedese nato a Beirut nel 1973) alle prese col contorto caso dell'omicidio della nota cantante Lalena, sgozzata in una camera del Nile Hilton Hotel di Piazza Tahrir, è sorretto non soltanto dai volti e dai corpi di un cast perfettamente in parte, da una regia condotta con mano sicura e padronanza formale, da una fotografia atmosferica (Pierre Aïm) che dosa senza incertezze i cromatismi cangianti e da una scrittura asciutta (sceneggiatura dello stesso Tarik Saleh coadiuvato da Magdi Abdelhadi), ma soprattutto da un montaggio (Theis Schmidt) semplicemente superbo (si veda la clip sottostante). La sintassi di Omicidio al Cairo procede difatti con una linearità totalmente scevra di lungaggini e ridondanze, distendendosi sì in fraseggi occasionalmente più ariosi, ma senza mai perdere di vista l'arrangiamento ritmico dell’insieme. E se è vero che negli ultimi quindici minuti del film, ricostruendo pedissequamente i tumulti di Piazza Tahrir, si percepisce il fragore dello slogan cinematografico, è altrettanto vero che Omicidio al Cairo ha già cantato cupamente la sua canzone di rivolta.