OFF ROAD

Anno Produzione2007

TRAMA

Ex impiegato di banca improvvisatosi taxista per motivi di sopravvivenza, Sang-hoon sta per compiere, grazie ad un piano della sua donna Ju-huei, un furto ai danni dell’istituto presso cui lavorava. Mentre è nel suo taxi, in procinto di entrare in banca per prelevare il credito fittizio versato sul suo conto dalla compagna-complice (anch’essa impiegata nello stesso istituto), assiste impotente ad una rapina. Un ragazzo a volto scoperto, borsa a tracolla e pistola in pugno esce di corsa dalla banca e ingaggia uno scontro a fuoco con gli uomini della sicurezza, uccidendone uno. Vedendo il taxi parcheggiato di fronte, il rapinatore ferito a un braccio spiana l’arma contro Sang-hoon e lo costringe a fuggire con lui. Lontano dalla fottuta Seoul.

RECENSIONI

Viaggiare spalla a spalla crea legami. Soprattutto quando a procedere affiancati sono individui che condividono le stesse miserie e le stesse delusioni. Anche se i viaggiatori perseguono obiettivi diversi, addirittura incompatibili, alla fine del percorso sono destinati ad approdare all’ultima spiaggia: la disfatta. Questo lo sfondo psicologico di “Off Road”, film spavaldamente low budget, visivamente antispettacolare (girato in HD) e narrativamente guizzante: una tela morale elementare incaricata di sopportare le violente torsioni di un intreccio pieno zeppo di colpi di scena e brusche sterzate. Le coincidenze non si contano: Sang-hoon è in procinto di derubare “pacificamente” una banca, ma pochi istanti prima del colpo un altro rapinatore gli manda all’aria il piano e lo prende in ostaggio; i due si fermano in un motel per tirare un po’ il fiato, ma la receptionist approfitta della situazione per derubarli di nascosto; la tensione tra i fuggiaschi (adesso diventati tre) sembra finalmente allentarsi, ma la radio trasmette una notizia che riaccende la miccia. Così, senza un attimo di tregua, il film attanaglia l’attenzione dello spettatore, invitandolo a ricomporre un mosaico fatto di tessere sparse e incomplete (gli eventi sono spesso interrotti a metà e integrati in un secondo momento). Una sconfitta bruciante rimanda a un altro fallimento (Chul-gu, il giovane rapinatore, si becca una pallottola in pancia e si ricorda di quando è stato licenziato), un’agonia fisica si prolunga in uno strazio mentale (il lento dissanguamento di Chul-gu ricorda a Sang-hoon il suo declino esistenziale) e, infine, un suicidio ne prefigura un altro (la pistola sottratta al cadavere di un suicida finisce nelle mani di un più che probabile epigono). Il determinismo è dunque la base su cui si snoda la vibrante parabola di due loser, ai quali si aggrega, nella seconda parte, una terza outsider, la spregiudicata Ji-su,  prostituta che non teme di affrontare le conseguenze del più sconsiderato tra i gesti: rubare a dei ladri. Già co-montatore di importanti pellicole quali “Resurrection of the Little Match Girl” e “Untold Scandal”, Han Seung-ryong, al suo debutto come regista, opta per un’impaginazione nuda e cruda: astenendosi da presentazioni psicologiche preliminari, ci mostra i personaggi nel vivo dell’azione, facendo sgorgare i loro caratteri direttamente dai comportamenti, valorizzando il più possibile l’interazione col territorio (la verdeggiante provincia del Nord Jeolla, il cui capoluogo è Jeonju). Su uno sviluppo lineare del racconto innesta poi fulminei flashback che svelano gradualmente i retroscena della vicenda e, senza calcare troppo la mano con le spiegazioni, si dedica alla costruzione di una familiarità con i personaggi, approfondendoli nei succitati flashback e nelle dinamiche che si instaurano tra di loro. A caratterizzare il linguaggio filmico è un’elementarità visiva impreziosita qua e là da piccoli tocchi decorativi: improvvisi passaggi da piani ravvicinati a inquadrature più larghe, leggeri ralenti e macchina a mano nei momenti più concitati. Se a questo impianto visivo basico e frontale aggiungiamo una controllata componente autoriflessiva (durante i dialoghi si rilevano sapidi giochetti metanarrativi durante quali i personaggi parlano della convenzionalità delle situazioni – tipo il testimone destinato ad essere eliminato – prevedendo i possibili sviluppi della vicenda), sarà facile qualificare “Off Road” come un film intelligente e ironicamente consapevole dei propri limiti (soprattutto produttivi, dal momento che è stato girato in 23 giorni con un budget di soli 400.000 dollari). Una piccola guerra tra poveri che offre però inaspettati gesti di altruismo, talvolta spinti al parossismo dall’eccezionalità delle situazioni. Film d’apertura all’8° Jeonju International Film Festival.