Drammatico, Recensione

OASIS

Titolo OriginaleOasi
NazioneCorea del Sud
Anno Produzione2002
Durata132'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio

TRAMA

Jond-du, uscito per l’ennesima volta di prigione, conosce la figlia della persona per la cui morte è stato arrestato, Gong-ju, una ragazza che ha una paralisi cerebrale. Dopo aver tentato di violentarla, il ragazzo, richiamato dalla giovane, se ne prende cura all’insaputa dei familiari di lei.

RECENSIONI

Annunciato come il film scandalo della Mostra di Venezia, OASIS invece è molto lontano dall'essere l'opera disturbante che ci si attendeva avendo, anzi, una sua delicatezza, poetico essendo il disegno di questa relazione tra  loser, nata sì da una violenza ma rielaborata in seguito senza ipocrisie, in un ambiente che, al contrario, si prende ipocritamente cura della giovane donna handicappata: i suoi familiari, sfruttandone l'infermità, ottengono un appartamento confortevole nel quale si guardano bene dal portarla, lasciando Gong-ju nello squallido caseggiato da cui provenivano. Nella sua misera stanza la ragazza, abbandonata a se stessa, non può far altro che fantasticare giocando ossessivamente con i riflessi di uno specchietto che, per incanto, divengono farfalle luminose o spaventarsi per le ombre che si proiettano cupe sulla parete di fronte al suo letto. La sincerità del rapporto con Jond-du, che segue dinamiche tutto sommato tradizionali, con passeggiate, sogni e lunghe telefonate notturne, risulta del tutto incomprensibile all'esterno e, dopo essere stato rifiutato dai fratelli e dalla madre di lui, assume un risvolto tragico quando, sorpresi nell'amplesso dai familiari di lei,  il ragazzo verrà accusato di violenza carnale. Impossibile, per un mondo ferocemente utilitarista, comprendere la purezza di quella storia, una morale distorta non può che leggervi l'orrore: Jond-du ha avuto il torto di aver penetrato il mondo di Gong-ju, di aver messo a nudo la sensibilità di una ragazza trattata come un essere privo di sentimenti, una sorta di vegetale da tenere in salute e fare annaffiare da una vicina di casa prezzolata all'uopo. Il regista sceglie un registro piuttosto nudo e narra i fatti con secca efficacia, rendendo bene il complesso intrico di motivi che orbitano intorno alla storia d'amore dei due, lasciando adeguato spazio a scene in cui la ragazza sogna di scaramucce e scambi di tenerezze col partner (ed è reso con bella spigliatezza l'inserimento delle sue fantasie nello svolgersi realistico dei fatti), non eccedendo nel melodramma ma valorizzandolo con sostanziale misura. Il pessimismo permea tutta la storia, il ritratto dell'ambiente e delle situazioni di contorno è quasi macabro (dopo l'accusa di stupro si parla di accomodamento della cosa col pagamento di una somma in danaro), non mancando anche alcune pressioni del regista che esaspera i dati in gioco (si pensi alla scena del karaoke) ma l'opera mantiene il suo equilibrio, scava nella difficoltà della situazione descritta con dolcezza, senza mai scadere nel ricattatorio e non abdica a quel tono tragico che si sublima nella scena finale in cui Jond-du, sfuggito all'autorità, sale sull'albero di fronte alla casa della ragazza abbattendone i rami: quello che agli altri sembra un gesto folle è l'estremo tributo amoroso del giovane, lo spazzare via la paura di Gong-ju per le ombre delle fronde sul muro della sua camera.