Drammatico, MUBI, Recensione

NUESTRO TIEMPO

Titolo OriginaleNuestro Tiempo
NazioneMessico, Francia, Germania, Danimarca, Svezia
Anno Produzione2018
Durata173'
Sceneggiatura
Scenografia

TRAMA

Una famiglia vive nella campagna messicana allevando tori da combattimento. Esther si occupa della gestione del ranch, mentre suo marito Juan, un poeta di fama mondiale, alleva e seleziona gli animali. Quando Esther si infatua di un addestratore di cavalli di nome Phil, la coppia lotta per superare la crisi.

RECENSIONI

«Poso, so che sto posando, voglio che voi lo sappiate,
ma questo [...] non deve minimamente alterare...
la preziosa essenza della mia persona».
(Roland Barthes, La camera chiara. Nota sulla fotografia)

Nuestro tiempo è un film intimo, di presenza e prossimità in formato cinemascope; un'opera laboratoriale dove l'autore ha potuto trasformare i fantasmi personali in ipotesi di cinema: Carlos Reygadas, infatti, prima di essere regista, è partecipe di quello che filma e cioè il meccanismo dei sentimenti, la perdita dell’amore, dell’altro, ma soprattutto di sé. Un approccio quasi garreliano che, oltre per le spassionate implicazioni autobiografiche, si riscontra anche nell'attenzione verso certi dettagli: come Garrel anche Reygadas si concentra sulle piccole captazioni di sguardo, sulle sfumature tattili per indagare la nascita di un sentimento o i soprassalti di desiderio; sugli abbracci tra corpi vicini e rotture tra corpi che diventano distanti (scriveva enrico ghezzi a proposito del cinema del maudit francese che è come stare di fronte alla «leggerezza vissuta che si accumula fino a pesare insostenibilmente»; lo stesso, forse, può essere ripetuto per raccontare quest'ultimo lavoro del messicano). Lo spazio filmico si fa quindi luogo in cui sperimentare in prima persona le criticità del rapporto coniugale; non a caso il regista sceglie di coinvolgere i componenti della propria famiglia e di essere, lui stesso, fisicamente presente nelle situazioni, per forzarle, e filmare l’attimo che contemporaneamente sta contribuendo a creare.

 

Nuestro Tiempo pur essendo la più lineare e la più accessibile delle regie di Reygadas resta lo stesso un'opera stratificatissima, provocatoria e performativa (rispetto a quanto è stato appena accennato), che si confronta con una delle questioni chiave del contemporaneo qual è l'auto-ritrarsi, ovvero il “guardarsi dal di fuori” e oggettivarsi nell'immagine con cui ci si immagina. Un gesto esibizionistico che non deve essere equiparato a una dimostrazione di autenticità, del resto l’analisi spregiudicata compiuta intorno a se stessi contiene sempre un elemento di gioco, di “voler-essere-altrimenti”. La verità, potremmo quindi dire, è la posa (forma spesso meno artificiale – e comunque più rivelatrice – della naturalezza), lavoro cosciente di messa in scena di sé.
Un ragionamento questo che chiama immediatamente in causa il dispositivo cinema e infatti sono diversi i momenti dove il film rivela la sua natura autoriflesiva: innanzitutto emerge potente l’importanza primaria accordata al ruolo della visione attraverso la messinscena di uno sguardo che si fa sempre portatore di senso. E lo sguardo in questione è quello di Juan (Reygadas) che è capace di catturare, orientare, determinare i gesti e quindi le condotte di chi gli sta affianco: ciò che lo infastidisce non è tanto il pensiero di essere stato tradito quanto il fatto che questo sia avvenuto lontano dai propri occhi. Il motivo quindi per cui spinge la moglie a tradirlo nuovamente è per potere avere il controllo sulla situazione; lo vediamo, proprio come un regista, predisporre il set, orientare le luci e individuare l'angolazione migliore da cui osservare la scena che poi coinciderà esattamente con quella del punto macchina: è lui a stabilire, anche per noi come e cosa vedere.

E il desiderio potente di dominio e possesso di se stessi e del mondo attraverso lo sguardo, lo sforzo di dare immagine al reale e, insieme, di rendere l’immagine reale, si traduce anche in una crescente euforia di visibilità: da qui la scelta di riprendere in cinemascope (la sequenza iniziale spalanca lo sguardo su un orizzonte che trabocca di nuvole gonfie pronte a lavarti via) e di spingere il punto di vista, per mezzo di vertiginosi piani sequenza, fin dentro le viscere di un mulo o negli ingranaggi metallici di un motore in funzione o a ridosso di un carrello aereo che si appresta all’atterraggio. Nuestro tiempo non è di certo ben strutturato, ordinato e pulito; è un film di eccessi (tanto nel formato quanto nella durata), che non va per certo per il sottile (c'è chi gli rimprovera un'eccessiva semplicità metaforica), ma proprio per questo pulsante e generosissimo.