Drammatico, Sala

NOTIZIE DEGLI SCAVI

NazioneItalia
Anno Produzione2010
Durata90'
Sceneggiatura
Tratto dadal racconto omonimo di Franco Lucentini

TRAMA

Roma, oggi. Il Professore è il soprannome del tenero ed eccentrico tuttofare di una casa per appuntamenti, eufemismo per descrivere un bordello, a gestione similfamiliare. Le giornate dell’uomo trascorrono tra le visite agli scavi e quelle alla Marchesa, prostituta un tempo ospite della casa, che ha appena tentato il suicidio a seguito di una delusione d’amore…

RECENSIONI

Notizie degli scavi, pubblicato nel 1964, è l'ultimo di tre racconti giovanili firmati da Franco Lucentini, rarità al di fuori del sodalizio stretto con Carlo Fruttero. Un racconto narrato dalla voce del protagonista, in pagine capaci di inventare un linguaggio che sia paesaggio mentale complesso e strutturato, in grado di farsi specchio di un'umanità, di descrivere un uomo e inscriverlo all'interno di un mondo, di dire senza esplicitare, in una dialettica tra istanze realiste e filtri e deformazioni personali. Nell'adattare il testo, con una fedeltà filologica, ma mai cieca, Emidio Greco - autore di un cinema colto e nobilmente, finemente, popolare - adegua la prima persona dello scritto all'oggettività della terza persona cinematografica, trasformando l'emanazione di un pensiero in una nuova realtà. Una realtà in cui il linguaggio del protagonista del racconto diviene la lingua dell'intero circostante, l'agire del mondo filtrato dal suo sguardo la logica di ogni comportamento e Roma una globale proiezione mentale. Una questione di stile. La soggettività assume una forma puramente cinematografica, in digressioni descrittive dislocanti, momenti di pura contemplazione che punteggiano e alienano dalla commedia umana. Il pregio, raro e indiscutibile, di Notizie degli scavi è quello di proporre una visione che parli del mondo (della miseria, della precarietà lavorativa e esistenziale) senza semplificazioni sociologicopornografiche, lungi da ogni pretesa realista, ma non per questo disancorandosi dalla realtà. Miniatura post-pasoliniana in forma atipica tendente alla commedia, è frutto di un cinema incentrato (modernamente) sulla messa in crisi dello statuto identitario (l'identificazione arbitraria è la vera notizia degli scavi), ma, al contempo, esente da relativismo, visto il divenire dei protagonisti chiuso in una griglia strutturale (prigione sociale) ben definita. Dolentemente poetico, pregno di amaro ottimismo, è un film a suo modo politico, girato con tenero rigore abile a trasfigurare il reale in una rappresentazione lunare e assolutamente coerente, recitato da attori capaci di dare concretezza a un linguaggio (verbale, fisico, sentimentale) decisamente differente sia dal minimalismo che dalla commediaccia imperante. Arrancando nello stiparlo in un'etichetta, ci si arrende a: un gioiellino.

Adattandolo ai giorni nostri, dopo averlo già trasformato in sceneggiatura come alunno del CSC nel 1964, anno in cui uscì, Emidio Greco traspone un racconto breve di Franco Lucentini, mettendo in scena un piccolo, delizioso film che ruota intorno alla fisicità di uno straordinario Giuseppe Battiston, Forrest Gump che ispira tenerezza e irradia mistero nei dettagli autistici (si fissa sugli oggetti, le linee geometriche, i volti, e il regista lo asseconda), essere chiuso al mondo, terrorizzato da piccoli eventi che (anche mal interpretati) possono distruggere l’universo costruitosi per protezione. Un personaggio che entra in contatto con due fattori che lo spingono a dialogare con la vita: una suicida che ha bisogno della sua compagnia per lenire la solitudine (una convincente Ambra Angiolini: sa esprimere al contempo un sentimento amoroso-materno nei confronti del “professore” ed una tristezza infinita colma di esigenze) e il passato misterioso dei resti (scavi) della Villa Adriana, magnifici ed indecifrabili. Tutti e tre rappresentano la Morte, la “non vita” e incuriosisce scoprire nel solitamente straniato, raggelato e sperimentale-colto Greco un atteggiamento accattivante ed amorevole, alle prese con un racconto (più) di “genere”. La sua poetica “anomala” la riserva per due lunghi brani di “osservazione” non presenti sulla pagina scritta: il primo alla Villa Adriana, atto d’amore (replicato verso il finale) rivolto alla bellezza dei suoi resti; il secondo nella scena in cui il professore s’incanta sui “normali”, un gruppo di giovani che interagiscono in una tipica serata da aperitivo. Di suo ci mette anche, e purtroppo (è poco coerente con una drammaturgia fin lì del tutto intellegibile), la chiusura ellittica dove, all’improvviso, il protagonista si chiude in se stesso, vorrebbe spiegare all’amica perché, ma quest’ultima lo zittisce dicendo che lo sa: mistero. Forse è una ricercata allegoria sull’uomo che realizza, specchiandosi in e illuminato dagli scavi, la propria imperfezione o l’assioma che le cose belle della vita sono inspiegabili. Anche il racconto di Lucentini, di cui Greco preserva certe parole inventate per sottrarre forza al realismo (anche la scena in ospedale dove il Professore, all’improvviso, parla forbito, ha questo scopo), s’apriva a significati più universali ma in modo maggiormente fluido e coerente. Chiude la canzone “Insieme” di Ornella Vanoni, con musiche di Bacalov e testi di Greco.