TRAMA
Stefano Nardini suona da quando aveva cinque anni e passo dopo passo ecco che dal conservatorio è finito col diventare una piccola star del punk rock indipendente. Ma i tempi delle sue foto in copertina sono passati e adesso a trentasei anni si guarda intorno: suona con dei ventenni invasati, a casa non ha più né fidanzata né letto dove dormire, gli è rimasta giusto una chitarra e un’auto con le portiere che non si aprono… Insomma è venuto il momento anche per lui di cercare un riparo, tornare dalla famiglia che non vede da tempo, riflettere. Ma a casa trova tutt’altro.
RECENSIONI
Gianni Zanasi, sotto l'egida produttiva della bolognese I.T.C. Movie e della capitolina Pupkin Production, racconta una storia di allegri perdenti. Tutto ruota intorno a un simpatico Valerio Mastandrea (sempre un po' piacione e un po' paraculo) che dopo un tentativo andato male di sfondare come chitarrista rock torna alla villetta di provincia dove vivono il padre in pensione, la madre che frequenta terapie new-age, la sorella istruttrice di delfini e il fratello impegnato a dirigere la ditta del padre, che produce ciliegie sotto spirito. Il ritorno in famiglia sarà spunto di riflessione un po' per tutti e consentirà a ognuno di trovare, se non la propria strada, almeno un sentiero da seguire per affrontare la vita. Meglio le scelte musicali e il ritmo impresso al racconto rispetto alla sceneggiatura (dello stesso Zanasi insieme a Michele Pellegrini), che, infatti, dissemina ottime battute ma non osa granché. Su tutto domina infatti il tentativo di compiacere il pubblico, per cui le situazioni sono per lo più abbozzate, i personaggi diventano macchiette funzionali al racconto di cui poco viene approfondito e le soluzioni narrative appaiono consolatorie e poco aderenti al reale (tanto per citarne una, risulta improbabile il modo in cui avviene la sistemazione dei problemi economici della ditta di famiglia). Il cast, affiatato e brioso, gode della centralità di Valerio Mastandrea, finalmente in una parte che sembra cucita su misura per lui, ma sono tanti i momenti in cui il sopra le righe è dietro l'angolo (soprattutto per Giuseppe Battiston, a causa anche dell'irascibilità del personaggio). Il risultato non fa gridare al miracolo, ma nemmeno allo scandalo, e si lascia guardare con piacere riuscendo, se non proprio a farsi specchio di un malessere contemporaneo, comunque a sdrammatizzare un disagio sincero. Dietro le risate il retrogusto, evanescente, è quindi amarognolo.
