Commedia

NON MANGIATE LE MARGHERITE

Titolo OriginalePlease don’t eat the daisies
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1960
Genere
Durata114'

TRAMA

Un professore d’arte drammatica accetta di diventare critico teatrale: si trasforma in un punto di riferimento del settore e in uno snob con la fama di stroncatore. Ne subisce le conseguenze la moglie, alle prese con quattro figli pestiferi.

RECENSIONI

Dal romanzo di Jean Kerr e alla presenza del simbolo dei valori del focolaio domestico Doris Day, non poteva che uscire un’edulcorata commedia per famiglie ma, per fortuna, la pellicola ha ottime frecce al proprio arco, fra idee-motrici simpaticissime (i bambini pestiferi, il cane pavido, la vendetta dell’impresario teatrale che inscena una pessima commedia scritta dal critico) ed una non superficiale riflessione sulla professione del critico, nel momento in cui quest’ultima perde la verginità di sguardo in uno showbiz fatto di lusinghe, invidie e menzogne, oppure è logorata dal potere che detiene. La sceneggiatura di Isobel Lennart è “di ferro”, con botte-e-risposte brillanti, i personaggi sono resi in modo buffo, gli interpreti sono impagabili: si perdona da subito, all’opera, quell’aura moralista, di genere, che rende scontato un epilogo in cui esaltare il ritorno all’ovile (moglie-figli-comunità-amici) della pecorella smarrita (al solito, il maschio-marito: la femmina era la culla, remissiva, del buon senso). Peccato per una drammaturgia che perde colpi verso il finale e non sa nemmeno chiudere con coerenza e chiarezza il preconfezionato precetto: cosa conclude, il testo, in merito al peso e alla responsabilità del mestiere raffigurato? Per quale motivo la coppia era già a pezzi (la sceneggiatura lo fa intuire ma non riannoda i fili)? Che fine fanno gli altri personaggi (la vamp sciupa-famiglie, il tassista aspirante commediografo, l’amico impresario)? Doris Day ri-echeggia “Que sera sera” e canta la discreta title-track quando il figlio ingoia tutte le margherite: in una citazione simpatica, inoltre, ricorda il compagno “d’armi” Rock Hudson.