TRAMA
La quattordicenne Lisa è scomparsa senza alcuna ragione plausibile. Per i suoi genitori, Lukas e Grace, le speranze di rivederla, a cinque anni dall’accaduto, sono ormai ridotte al minimo e il silenzio che li divide evita loro di dover affrontare il dolore del passato e del presente. Ma improvvisamente Lisa sembra riapparire nelle loro vite…
RECENSIONI
La giovane regista belga Fien Troch, come tanti, crede che "scrivere meno" sia più facile, al riparo dal rischio di imbattersi negli stereotipi in agguato, in dialoghi fastidiosamente esplicativi, nella "letteratura", e che sia sufficiente compensare questo risparmio con lunghi piani sequenza sul volto e sulle camminate di Emmanuelle Devos (con il tele su di lei implacabile e luci notturne fuori fuoco, che ricordano curiosamente L'Uomo che Ama di Maria Sole Tognazzi). Peccato che invece sia molto più difficile raccontare, esprimere, "significare" con le sole immagini, altrimenti di Tsai Ming-Liang ne nascerebbe un Fiume (ogni riferimento alla perdita sul soffitto della casa dei protagonisti è del tutto NON casuale...).
Dunque assistiamo ad una serie di piccoli ed insignificanti eventi che trasformano un kieslowskiano dolore silenzioso e individuale che ha portato al dissolvimento della coppia (non abbiamo alcun dubbio che la Troch abbia preso spunto da I Bambini nel tempo di McEwan) da passivo, quasi catatonico, in attivo, risvegliato da una speranza, eventi che ripercorrono tuttavia il campionario quasi completo della "scomparsa", con telefonate mute dagli echi hanekiani, con allucinazioni notturne (il profilo scuro di una fantasmatica ragazza dai lunghi capelli seduta su una poltrona è probabilmente frutto di una sceneggiatura di Kyoshi Kurosawa letta nella biblioteca dell'università di Bruxelles dove la regista insegna), con l'immancabile sosia inseguita da una steadycam rubata ai Dardenne vicini di casa, e dalla targhetta di una commessa con lo stesso nome della bambina, Lisa (se si chiama così potrebbe essere lei...). E poiché Fien Troch, oltre a conoscere il cinema dei grandi autori ne ha anche l'ambizione, puntella il dominante sottotono del tema con sequenze più forti e simboliche, come il violento pestaggio di un evasore da parte di Lukas, a sfogare l'impotenza repressa; Grace che chiude a chiave un operaio nella cameretta della bambina, prepotente manifestazione di un freudiano senso di colpa; uno stupro (o un tentativo) nei confronti di Grace e il suo irrefrenabile moto di riso all'immagine del vicino di casa sepolto dalla sua libreria cadutagli addosso, accadimenti dal significato oscuro e imperscrutabile.
Un mezzo disastro salvato da Emmanuelle Devos, tuttavia meno a suo agio in un ruolo che la priva di quell'aura di mistero e di imprevedibilità che ne fa la più "vibrante" interprete del momento.
