Commedia, Drammatico, Sala

NON CADRÀ PIÙ LA NEVE

Titolo OriginaleŚniegu już nigdy nie będzie
NazionePolonia, Germania
Anno Produzione2020
Durata113'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Zhenia conosce tutte le lingue, soprattutto quella del corpo. Massaggiatore venuto dall’Est, si ‘guadagna’ il permesso di esercitare la sua professione a Varsavia. I suoi clienti vivono tutti in un complesso residenziale impersonale, dove case, cani e affanni si somigliano. Depressi, angosciati, alienati, trovano in Zhenia cura e sollievo. La terapia fisica allevia il loro dolore, l’ipnosi li sprofonda nel fondo dell’inconscio, dove gli occhi cedono e i pensieri fluttuano. Incantatore di uomini e animali (domestici), Zhenia scioglie i nodi e poi svanisce come la neve. L’ultima, prima che il riscaldamento globale divori l’inverno del nostro scontento.

RECENSIONI

Non cadrà più la neve è un film che lavora principalmente sulle coordinate del tempo e dello spazio. Quello messo in scena dai registi Malgorzata Szumowska e Michal Englert è un microcosmo rassicurante e inquietante in egual misura, in cui tutto sembra essere immobile e impermeabile all'esterno. Una comunità così forzatamente perfetta nella geometrica disposizione di ogni elemento esteriore che ricorda la miniatura natalizia di un paesino ricreato dentro a una palla di vetro, in cui la neve, ormai depositata sul fondo, non viene agitata da tempo immemore. Una situazione quindi esteticamente idilliaca, ma assolutamente priva di vita.
“Non cadrà più la neve” è un'espressione che in questo caso ci dice che senza un elemento esterno in grado di scuotere in qualche modo l'immobilismo di un contesto ogni cosa sarà destinata a rimanere sempre uguale a se stessa e a spegnersi come una candela oramai esaurita. Nel film la “neve” è rappresentata da un misterioso massaggiatore proveniente dall'est: di lui non sappiamo nulla, nemmeno se sia una persona reale o un'allucinazione collettiva. Forse è semplicemente uno specchio su cui i clienti vedono riflesse le proprie fantasie inespresse.

la voglia - forse anche inconsapevole - di uscire dall'immobilità di una situazione così tenacemente statica porta i vari personaggi ad abbandonarsi completamente, a ricercare un contatto profondamente intimo con l'unica possibilità di fuga che gli si para davanti. È un percorso quasi esclusivamente spirituale perché la mente, molto più del corpo, è predisposta al lasciarsi andare. Ma probabilmente anche perché è un film che invita lo spettatore ad intraprendere la stessa esperienza vissuta dai protagonisti del film. E quindi anche in questo caso è la mente, molto più del corpo, il mezzo più indicato con cui viaggiare.
Non è quindi un caso che il luogo - fuori dal tempo e dallo spazio - in cui il massaggiatore accompagna i propri clienti sia sempre lo stesso: una foresta magica che dà l'impressione di essere quasi sommersa e capace di ricreare un'atmosfera ipnotica, rilassante e armoniosa. Uno scenario universale, che deve funzionare per tutti allo stesso modo e attende solo di essere riempito dalle proiezioni - e quindi dai significati - più personali che ognuno a suo modo decide di concedergli. In questo senso i registi polacchi riescono a evocare una serie di immagini prive di coordinate spazio-temporali in grado di mettere lo spettatore nelle stesse condizioni dei personaggi che abitano la storia, senza mai suggerire o sottolineare un significato specifico. Ed è forse in questa libertà di interpretazione assoluta che trova la sua forza l'invito ad accogliere con meno timore il cambio di prospettiva che una nevicata improvvisa può portare alla monotonia del nostro sguardo.