- 67425
TRAMA
Un uomo, ricoverato in fin di vita all’ospedale di Los Angeles, morde una dottoressa poco prima di spirare, infettandola con i suoi ricordi. La donna, disturbata da allucinazioni improvvise e violente, scoprirà che il defunto era l’antropologo francese Pommier, ossessionato, nei giorni appena precedenti il decesso, da una banda di assassini vestiti da punk.
RECENSIONI
Nell'esordio di McTiernan i nomadi del titolo sono inuat, spiriti ancestrali e rancorosi come i vampiri girovaghi de Il buio si avvicina, e come loro condannati al ruolo di carnefici e all'erranza perpetua. Persecutori visibili solo da chi ci crede, fantasmi afoni e implacabili, propri della demonologia eschimese, gli inuat del film si mimetizzano nell'humus metropolitano grazie alla mise glam punk, come vagabondi atavici nel cuore dell'urbanesimo postmoderno, inesistenti all'anagrafe e ignorati dal mondo ufficiale. Quel che rende particolarmente originale Nomads non è tanto il forzato innesto di arcaismi da incubo nel tessuto moderno della metropoli, già cifra espressiva, negli anni '80, di tanti western urbani sospesi tra il mitico e il distopico (a partire dal seminale I guerrieri della notte, dove si disadattava l'Anabasi di Senofonte alla polveriera neotribale del Bronx), né l'approssimativa vena antropologica da cui è percorso, con il classico scontro scienza/fede innescato dall'ostinazione positivista dell'etnologo Brosnan, fatalmente attratto dal proprio oggetto di studio come il collega Pullmann de Il serpente e l'arcobaleno (in Craven era l'animismo voodoo, in McTiernan il nomadismo criminale). A sconcertare, in questo piccolo thriller soprannaturale sfrondato d'effetti, è l'incedere spastico, asistematico, incrinato sin da subito in violento transfert, poi confuso, disatteso, frastagliato dalle pulsazioni irregolari di una memoria virale e famelica. Così la storia, vagante come i suoi fantasmi, non approda e non s'arena, se non in extremis, frustrando le aspettative horror, congelando il previsto bodycount in una cappa immobile che mai esplode, mai svanisce, corredo di una discesa agli inferi (psichici) esangue e astratta, eppure altamente ansiogena e stringente (pur nei dovuti distinguo di rigore e disperazione, vien da pensare al notturno Distretto 13: le brigate della morte, ai suoi assalitori senza volto, invincibili incarnazioni del Male metropolitano). Quello di McTiernan è cinema di caccia, di logoranti corpo a corpo, d'inseguitori e d'inseguìti, capace di cavalcare, nei momenti migliori della sua filmografia, le discrete vette dell'action hollywoodiano, per scadere, poco più tardi, nel basso mestiere di titoli alimentari e scialbi remake. Horror psicologico d'atipica suspense, il suo serratissimo esordio a basso budget non è meno compatto e tetragono del cinema predatorio e muscolare a cui deve la fama (Predator, i Die Hard, Caccia a Ottobre Rosso); ma in Nomads, unico film scritto di suo pugno, a collidere nell'abituale, reciproco annientamento non sono solamente l'antropologo e gli inuat, quanto piuttosto i piani temporali e percettivi in esso messi in gioco, accavallati in un chirurgico incastro di realtà, ricordo e allucinazione, orchestrati con sapienti geometrie di montaggio e invidiabile tessitura di flashback, messi in crisi da soggettive improvvise e sparse trovate di scrittura (s'insiste a parlare del morto al presente). Nervosa colonna sonora di Bill Conti e Ted Nugent, passibile di kitsch retrospettivo, e due comparsate celebri tra le schiere degli inuat: Adam Ant, rocker britannico già immortalato da Jarman in Jubilee, e Mary Woronov, ex stella del gineceo warholiano.
