TRAMA
Un omicidio in metropolitana. Una superstite. Mentre i detective indagano, un poliziotto non troppo interessato alla vicenda fa i conti con sé stesso…
RECENSIONI
Opera che fa del disequilibrio, del raggiro della prevedibilità, la propria fonte di fascino, Noise è un film sviluppato intorno ad un personaggio apparentemente decentrato rispetto al nucleo del thrilling, con oscillazioni incontrollate di focalizzazione che spesso investono il punto di vista della vittima del delitto e riservano non di rado allo spettatore una conoscenza dei fatti maggiore rispetto al protagonista. Le attese vengono sistematicamente frustrate: la detection diviene prima pretesto (risolta semplicemente mostrando in volto l’assassino e utilizzata per indagare l’animo del protagonista) poi, inaspettatamente, si fa catartica, l’apparato metaforico non trova mai una definita compiutezza ¹, la narrazione crea tensione sfruttando le più disparate strategie (dall’invadenza del suono al montaggio alternato), allontanando qualsiasi pretesa di omogeneità, elaborando una ipertrofica partitura di eco, rimandi, accenni e smentite. Ne risulta un thriller anomalo, strabordante, che trova nella sua deforme irrisolutezza una decisa dimensione perturbante e nel ritratto del personaggio principale un approccio di introspezione difficilmente catalogabile. Un oggetto non identificabile ma, nel mediocre panorama del concorso, inevitabilmente apprezzabile.
[1] Un esempio: il protagonista ha un tatuaggio che indica un “?”; il disturbo all’udito gli impone di chiedere al proprio interlocutore di ripetere; vede l’assassino, gli parla, ma non lo riconosce, forse perché, come un amico gli fa intendere, non è capace di ascoltare. Il rumore di fondo come incapacità di andare oltre il senso superficiale delle cose? Sentire passivamente e non riuscire davvero ad ascoltare?
