TRAMA
La protagonista del primo ‘Nightmare’ e suo figlio hanno nuovi incubi con Freddy Krueger: la causa è l’inedita sceneggiatura che il regista Wes Craven sta scrivendo.
RECENSIONI
Craven non ci sta a lasciare la chiusura della saga sul personaggio che inventò nel 1984 con i seguiti (cinque) semplicistici e commerciali (ipse dixit) su cui non aveva alcun controllo. Nella speranza di mettere la parola “fine”…definitivamente, cambia le regole del gioco con la metacinematografia e una complessa circolarità, girando quello che, molto probabilmente, è il suo capolavoro, magnifico per l’idea di un Freddy Krueger che diventa “reale” eliminando l’unica barriera fra noi e (il suo) orrore: il mezzo cinematografico. Un mostro che è anche critico d’Arte e tralascia gli artefici dei (suoi) seguiti per turbare i sogni degli autori del primo capitolo (definito il migliore dall’autista della limousine), fra cui i produttori della New Line Cinema e il regista stesso, con cui la pellicola instaura un geniale “colloquio”, rivelando retroscena e script in lavorazione. Il già sofisticato gioco fra sogno e realtà della serie si complica ulteriormente nei rimandi fra finzione e sua messinscena (i terremoti a Los Angeles attribuiti a Freddy!), l’horror diventa meta-horror più “vero” e angosciante nella sua imprevedibilità e nella sua sorprendente, infinita stratificazione di livelli di lettura, dimensioni parallele in cui lo spettatore può accedere arrivando, progressivamente, sempre più “vicino” a se stesso, provando più paura nel momento in cui crede di essere in salvo. Craven spazza via anche tutta l’ironia demenziale che aveva infettato la serie per proiettarci in un incubo che, come recita il titolo originale, scopriremo essere il suo: resta il sarcasmo fra le righe, concesso dallo script di cinema sul cinema, con il paradosso del malvagio Krueger che è un mito per i bambini, quello dei suoi pericolosi (perché stupidi) detrattori (la dottoressa che ne denuncia l’influenza nefasta sui ragazzi) e con la rivincita sui produttori che sono la causa prima della liberazione di Krueger nel mondo reale. Anche lo scontro finale, che vuole epico, fra Bene e Male, è possibile solo attraverso un’ulteriore “drammatizzazione”, nel terrore di “Hansel e Gretel”, per una fiaba che non imprigionerà il maligno in una lampada di Aladino e non si potrà raccontare ai bambini. Horror adulto senza tanti fronzoli dove Craven lavora sulla messinscena della pura paura, innescandola nel forte legame fra una madre e un figlio e rinunciando (purtroppo: erano il luogo dove l’immaginazione si sbizzarriva) ai copiosi e costosi effetti speciali delle altre puntate.