Horror, Recensione, Sala, Thriller

NIGHT SWIM

Titolo OriginaleNight Swim
NazioneU.S.A., U.K., Australia
Anno Produzione2024
Durata98'
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

La famiglia Waller si trasferisce in una nuova casa, con tanto di meravigliosa piscina la cui acqua sembra ospitare una forza maligna.

RECENSIONI

La relazione fra cinema e acqua (dolce) vanta illustri – e non ancora del tutto esplorati – precedenti. Basti pensare al ruolo che assume, ad esempio, uno fra tutti, nell’opera di Tarkovskij (a partire da, ma non solo limitandoci al, bicchiere telepaticamente spostato dalla bambina nel finale di Stalker, 1979). Anche in tempi recenti, tuttavia, l’acqua, forse previa il sentimento eco-ansioso di una sua possibile perdita, attraversa alcuni film, declinandosi vieppiù tramite le maglie dell’horror. Ha senso quantomeno ricordare La cura del benessere (Verbinski 2016), in cui il prezioso composto è forza vivificante ma anche, allo stesso tempo, venefica; oltre alla grande quantità di piscine in cui si consumano i più efferati fattacci, dallo scontro paranormale e finale (?) di It Follows (Mitchell 2015) alla sparatoria nelle ultime battute di C’era una volta a Hollywood (Tarantino 2019), e ancora dalla tetra scena nei nastri di Sinister (Derrickson 2012) all’ultima notte di Poltergeist (Hooper 1982). Senza nemmeno volerci addentrare nel territorio dei classici cadaveri galleggianti, come nel celeberrimo (e bellissimo) Viale del tramonto (Wilder 1950), o nelle principali saghe horror-slasher degli ultimi (dieci? venti? trenta? quaranta?) anni, da Final Destination a Scream, in cui prima o poi una qualche piscina fa sempre capolino.

In questo che forse si può quindi immaginare come filone (acqua maledetta + piscina) si incunea Night Swim. Qui la piscina, o meglio, il liquido di cui è ricolma, proveniente da una misteriosa antica fonte di acque sorgive, è allegoria un po’ pacchiana del topos classico del patto con il diavolo. Esaudisce il tuo più profondo desiderio, ma richiede in cambio un sacrificio di sangue. È toccato a molti, e ora è il turno dei Waller, emblema plastico della disfunzionale (e un po’ patriarcale) famigliola americana. Il padre infatti da ex-giocatore professionista di baseball si trova costretto da una malattia a rivedere completamente tutta la sua esistenza, e a farne le spese sono la moglie e i due figlioletti. Nel mezzo ci si mette la piscina che è per lui curativa, ma per tutti gli altri foriera di terribili visioni fantasmatiche, oltreché – e direi soprattutto – di morte. Bene, la premessa è dunque questa, e non sfuggono le componenti derivative del film, che cita apertamente tanto IT (il romanzo e i film), attraverso l’elemento ricorrente della barchetta che compare dal nulla nell’acqua come esca per sventurati bambini, quanto, in maniera forse grottesca, nientemeno che Shining (Kubrick 1980), attraverso la spirale di follia familicida del padre posseduto dal malefico liquame.

A dire il vero l’esperienza non è malvagia quanto l’acqua che viene raccontata, e anzi ci sono momenti veramente convincenti, come i virtuosismi registici dell’incipit (la camera che ruota di 180 gradi disvelando l’illusione ottica del riflesso dell’acqua), o il dialogo della madre con la signora Lucy Summers, ex proprietaria della casa che sacrificò la figlia e che, dopo decenni, è ancora posseduta dall’acquatile demone. Quel che però pesa durante la “nuotata” sono soprattutto una sceneggiatura poco solida, specie sul finale, e alcune concessioni francamente insensate (meglio, nel dubbio, sempre sottrarre), fra cui i mostri che qua e là compaiono nella piscina e i passaggi in CGI al limite del posticcio. Se su quest’ultimo punto possiamo, in un certo senso, soprassedere, dando per buono che evidentemente ancora oggi se vuoi vendere un horror devi piazzarci il mostro che compare con il jumpscare (ma, la pur non pienissima sala, non è sembrata particolarmente catturata dalla dinamica), lo script invece ha seri problemi, specie alla fine, nel (ALLERTA SPOILER) subitaneo e insensato ravvedimento del padre, così come nell’improvvido aiuto che Rebecca, bambina fantasma (proprio quella che – udite udite – avevamo visto scomparire all’inizio del film), fornisce alla madre. Nessuno di questi due avvenimenti, centrali, è stato veramente costruito nell’arco drammatico del film. Non abbiamo visto crisi di coscienza pregresse del padre, né è stata messa in piedi alcuna logica per cui i fantasmi intrappolati in piscina possano essere buoni. E invece frettolosamente tutto torna all’ordine, nel più prevedibile dei modi.
Così Night Swim (in cui Bryce McGuire rielabora in lungo il suo cortometraggio omonimo del 2014) rimane un film godibile ma mozzato, guardabile in un paio di bracciate, ma senza alcuna pretesa di memorabilità. Un horror in effetti estivo (un po' in anticipo), che però, è proprio il caso di dirlo, alla fine sa un po’ di buco nell’acqua.