Poliziesco, Recensione

NEVE ROSSA

Titolo OriginaleOn dangerous ground
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1951
Durata81’

TRAMA

Jim Wilson è un poliziotto indurito dal proprio mestiere: per risolvere un caso, è spedito in un paese di provincia vicino al confine innevato. Il colpevole è un ragazzo malato di mente con sorella cieca, Mary.

RECENSIONI

Amore-odio nei confronti di questo film da parte di Nicholas Ray, che ammise il suo fallimento pur amandolo: nella scrittura (A.I. Bezzerides, con un cameo) non emergeva, come avrebbe voluto, il conflitto fra violenza e atmosfera pastorale. In realtà l’opera funziona abbastanza bene fino al finale tronco, irrisolto, in cui si ha l’impressione che s’interrompa un discorso appena iniziato, non fondato su tematiche originali ma ricco di tensione e messo in scena con maestria. È il viaggio allegorico (dalle ombre della città alla luce della provincia) di un uomo, l’ottimo Robert Ryan, reso arido dalla vita e che deve ritrovare cuore e comprensione: la prima folgorazione nel percorso di guarigione l’ha quando Mary lo mette a disagio, dicendogli che è l’unico che non la tratta con condiscendenza per la sua disabilità, non capendo che scambia per premura il comportamento di un menefreghista sgarbato. Jim, poi, troverà sul suo cammino un carattere in cui specchiarsi, il rude Brent di Ward Bond, preso dalla foga di farsi giustizia da sé e parimenti ferito dalle brutture della vita. Le due anomale figure con handicap, invece, sono allegorie: Danny, ragazzino colpevole ma incapace di intendere e volere; Mary, una non-vedente capace di vedergli dentro, denudandolo. Il regista non manca di stilizzare la materia con tocchi di classe notevoli: ad esempio, non svela subito il volto della cieca (non c’è, non “si vede”), giocando, in un primo momento, di soggettive (cela anche il volto di Danny/Summer Williams). Straordinaria anche la sequenza in cui Ida Lupino (che diresse qualche scena quando Ray era malato) si aggiusta i capelli davanti allo specchio, riflesso incondizionato che rivela una cecità sopraggiunta e non innata. Fiasco al botteghino: ma per Bernard Herrmann era la miglior colonna sonora che avesse composto.