TRAMA
Prima della sua scomparsa il dottor Alex Murry credeva che si potesse viaggiare attraverso l’universo. Dopo quattro anni Meg, il fratellino Charles Wallace e l’amico Calvin incontrano la misteriosa signora Cosè. Sarà proprio lei, insieme alla signora Quale e alla signora Chi, ad accompagnare l’allegra brigata a zonzo per l’universo alla ricerca del dottor Murry.
RECENSIONI
Lo scopo è quello di tutti i film commerciali: fare soldi a palate. Nel caso specifico puntando anche alla serialità, sempre più anelata. Le fondamenta erano solide: un romanzo di successo, a cui ne sono collegati altri sette; il trionfo mondiale di Alice in Wonderland nel 2010 (Madeleine L'Engle è stata più volte accostata a Lewis Carroll per il modo di sondare mondi paralleli e incognite adolescenziali); il risalto del girl-power e del black-power per dare un chiaro segnale al mondo in grado di mantenere alti reputazione e profitti (vedi il trionfo di Black Panther che combina con brio entrambe le variabili). In realtà le cose sono andate diversamente perché il romanzo, pubblicato nel 1963, pur affrontando tematiche universali e sempre attuali si aggancia a un immaginario e a un senso di meraviglia piuttosto datati; se, poi, Alice in Wonderland ha spopolato in tutto il mondo nel 2010 - anno in cui la Disney ha iniziato a pensare a una nuova trasposizione del romanzo della L'Engle dopo quella fallimentare del 2003 con il film tv Viaggio nel mondo che non c’è - il flop di Alice attraverso lo specchio, nel 2016, avrebbe dovuto aprire interrogativi sul buon esito dell’operazione. Quanto all’attenzione nei confronti dei diritti delle donne e delle minoranze etniche, non sempre inseguire il trend del momento garantisce un ritorno economico (pensiamo all’oblio in cui è finito il nostrano Nome di donna di Marco Tullio Giordana). Insomma, non esiste una formula magica in grado di fare accorrere in massa il pianeta, o parte di esso, nelle sale cinematografiche.
L’avere affidato il difficile compito ad Ava Marie DuVernay, più a suo agio con tematiche sociali e agiografia (Selma il suo film più famoso) che con effetti speciali e fantasy, si è rivelata scelta poco lungimirante. Il film, infatti, frana rovinosamente sotto ogni punto di vista, nonostante i molti talenti coinvolti. Che qualcosa non funzioni lo si capisce già nella sequenza iniziale, in cui fratello e sorella si ritrovano in cucina e la televisione in sottofondo si premura di informare (lo spettatore) che non si hanno “ancora” notizie dello scienziato Alexander Murry scomparso quattro anni prima e padre dei due. È proprio la sceneggiatura il punto più dolente della trasposizione perché tutto appare casuale, pretestuoso e, soprattutto, non giustificato. I personaggi si presentano già con etichette inscalfibili (la bullizzata Meg e Charles Wallace piccolo, antipaticissimo, genio) e nessuna motivazione viene data al loro accettare senza uno stupore che duri più di dieci secondi le ridicole creature celesti che li guideranno nel loro cammino di scoperta. Sembra quasi di assistere alla messa in scena di quei grossolani manuali di auto-aiuto per ritrovare l’autostima, in cui frasi altisonanti e gonfie di retorica mirano soprattutto a rassicurare il lettore senza che dietro alle parole si celi alcunché. Non sono di sicuro validi alleati il kitsch di trucco, parrucco e costumi, la poca fantasia delle scenografie (digitali e non), le interpretazioni stonate (il sopra le righe e/o l’enfasi delle tre divinità alternato alla piattezza dei protagonisti), la riconoscibilità degli effetti speciali e la banalità delle conclusioni (la luce vince sul buio e l’amore vince su tutto, wow!). La DuVernay, dal canto suo, soccombe al baraccone, non riesce a imprimere una direzione precisa al racconto e resta in balia dei tritissimi eventi non trovando alcuna alchimia in grado di oliare la progressione e toglierla dal magma soporifero in cui sprofonda. Davvero un fallimento su tutta la linea, incerto anche sul target di riferimento e destinato a un inevitabile rifiuto da parte del pubblico di ogni età.