Drammatico, Poliziesco, Recensione

NELLA VALLE DI ELAH

Titolo OriginaleIn the Valley of Elah
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2007
Durata120'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia
Musiche

TRAMA

Hank Deerfield, ex sottoufficiale dell’esercito reduce del Vietnam, indaga sulla morte del figlio Mike, avvenuta subito dopo il rientro in patria dalla campagna militare irachena. Per saperne di più, scomoda le autorità competenti e interroga personalmente i commilitoni del figlio. Man mano che l’indagine procede, tuttavia, la verità assume contorni imprevedibili e agghiaccianti.

RECENSIONI

Un corpo di un giovane soldato carbonizzato e fatto a pezzi gettato lungo una strada del New Mexico. Un padre ex militare devastato dalla perdita ma determinato a scoprire la verità sulla morte del figlio. Le istituzioni (esercito e polizia) che si crogiolano nell’incompetenza e nell’indifferenza. E su tutto lo spettro della guerra in Iraq, la più infame delle guerre secondo Paul Haggis: “La guerra in Iraq è (…) urbana, i civili vengono uccisi quotidianamente (…). Qui i militari girano fra uomini, donne, bambini che sono lì quando si spara”. Ispirato a un articolo pubblicato da Mark Boal su Playboy, In the Valley of Elah amplifica la drammaticità degli eventi avvalendosi della documentazione audiovisiva prodotta dagli stessi soldati. L’indagine non autorizzata dell’ex sottoufficiale Hank Deerfield (un Tommy Lee Jones colossale, monumento a se stesso) si arrampica sui filmati e le foto che “doc” Mike (Jonathan Tucker) ha realizzato col cellulare, e che lui, eludendo la sorveglianza di un sergente, preleva furtivamente dall’armadietto del figlio. Mosso da una granitica determinazione nel far luce sugli eventi, Hank conduce un’investigazione non convenzionale, dapprima ostacolata infine assecondata dalla polizia del New Mexico, degnamente rappresentata dalla vulnerabile detective Emily (l’avvenente Charlize Theron). Man mano che procede, l’indagine tende a spostare il baricentro verso l’intimità dei personaggi, intrecciando sempre più profondamente pubblico e privato, collettivo e individuale, visibile e rimosso. Scavando nelle ferite psichiche di individui incapaci di dominare istinti e paure, Haggis traccia una fenomenologia dei pregiudizi e delle negligenze istituzionali (l’associazione droga-spacciatori messicani, le dispute giurisdizionali tra polizia ed esercito) che offuscano la lettura degli eventi, depistando ripetutamente le indagini. I passi avanti coincidono con la smentita del luogo comune e la liquidazione del pregiudizio, dimostrando come gli ostacoli maggiori risiedano proprio nello sguardo di chi cerca di decifrare la realtà attraverso schemi ricevuti. Se l’implosione della tragedia conferisce al film una densità introspettiva niente affatto disprezzabile, la linearità e l’inflessibilità dello schema rinchiudono In the Valley of Elah nella gabbia del film a tesi, incapsulando la materia in una struttura drammaturgica eccessivamente angusta e impedendole, per così dire, di respirare. Di gran lunga più risolto e scorrevole di Crash – Contatto fisico, il secondo lungometraggio del pluripremiato Haggis (come noto, sceneggiatore dei più recenti film di Eastwood) è visivamente plasmato da Roger Deakins con una fotografia che, croce e delizia, da una parte coagula l’ombra del rimosso nei toni lividi e bluastri dell’immagine e dall’altra ricopre la rappresentazione di un’asfissiante cappa tragica che somiglia sempre di più alla divisa d’ordinanza dell’epica antieroica contemporanea. Interpretazioni ineccepibili: Tommy Lee Jones rapprende il dolore nelle rughe del volto e Charlize Theron castiga la bellezza in un in un abito di fragilità. Entrambi simboli viventi di un’America costretta ad estirpare il male interiorizzato e a convivere col vuoto del caos e dell’insicurezza. Capovolgendo la bandiera a stelle e strisce.

Notevole script di Paul Haggis (basato su di un articolo di Playboy firmato Mark Boal, quello di The Hurt Locker), degno del suo Million Dollar Baby per compattezza drammaturgica, caratteri esemplari, compiutezza della vena morale: non avrebbe sfigurato, infatti, nelle mani del Clint Eastwood regista, con il protagonista 'attempato' e la ricchezza, amara, di chiaroscuri (Eastwood declinò l'offerta di dirigerlo ma suggerì l'ingaggio di Tommy Lee Jones). A differenza del pretenzioso e abbastanza moralistico/semplicistico Crash, questo giallo poliziesco in ambiente militare (fra i tanti, ma uno dei migliori) di Haggis respira classicità eastwoodiana perché sa toccare le corde della commozione raffigurando un uomo fatto e compiuto che fa i conti con le storture del paese in cui ha sempre creduto, trovandosi costretto a rileggere, sotto nuova luce, le proprie convinzioni di fronte a giovani 'david' mandati contro 'golia' nella valle di Elah. La parte migliore dell'opera, infatti, non alberga nella risoluzione del giallo ma nelle implicazioni riguardo agli orrori della guerra, con le menti forgiate di ragazzi non pronti ad accoglierli, con colpe che ricadono sui padri. Haggis, inoltre, dissemina di dettagli significativi la sua pellicola, dal modo in cui descrive il retaggio militare di Hank (meticoloso nel rifarsi il letto, la barba, nello stirare i pantaloni) fino al simbolismo magnifico della bandiera rovesciata. Grandissima prova di Charlize Theron, nei panni di una detective non realmente esistita, sintesi di 68 persone impegnate nelle indagini.