TRAMA
Jennifer Marsh, esperta Fbi di crimini informatici, si imbatte in www.killwithme.com. Qualcuno sta torturando un gattino con l’“aiuto” dell’utenza: più visitatori cliccano il sito, più veloce sarà la morte della bestiola…
RECENSIONI
Nell'ampio sotto-genere del web thriller il più convincente, oltre ai vari The Net e Synapse, è Feed di Brett Leonard: girata nel 2005, uscita nel 2007, passata al silenziatore della distribuzione estiva, l'opera australiana, solo a tratti compiuta, riusciva però a bucare il genere per intavolare un avvolgente discorso complessivo sul tema della perversione. Con una postilla inquietante: siamo tutti coinvolti, anche a noi piace guardare. Proprio questo, insieme alla trascurabile declinazione dello schema poliziotto vs. serial killer, è lo spunto che più lo avvicina a Untraceable; e proprio questo è il dato rilevante nel lavoro di un carneade, Gregory Hoblit, che al solito presta l'ordinato conformismo registico alle sorti dell'intreccio, scegliendo di tralasciare il groviglio di sottotesti in esso contenuti (con riferimento, in particolare, al ruolo della webcam e all'eventuale stratificazione film del regista/film dell'assassino). Insomma, serve pazienza e bisogna rivolgersi alla conclusione per 'dare senso' al discorso generale. Ma prima occorre ripassare tutta la grammatica del caso: c'è la detective dal tragico passato, vedova con una figlia e grande forza d'animo; c'è il serial killer inafferrabile, in escalation sanguinaria, che agisce per vendetta e sfrutta le nuove tecnologie; c'è il collega simpatico e affettuoso che però, allo scopo di movimentare il plot, deve finire ammazzato. Accolto questo scenario, sostanzialmente stereotipico, è nei particolari che si leggono squarci di metafora universale: come il già citato collega che, appassionato di dating online, proprio dal suo 'innocuo' hobby sarà sopraffatto; o il procuratore, che invitando i cittadini a non assecondare il maniaco, ottiene l'effetto contrario e le visite schizzano alle stelle. Il film vive di pulsioni contrastanti, a metà tra macchiette compromesse e scavo in profondità, talvolta scivolando nella tentazione della parentesi esplicita ('Quand'è che questo mondo è impazzito?', si chiede accigliato un detective), ma comunque vivo e irrequieto: dagli interpreti dolenti -Diane Lane, nerissima, si conferma attrice per tutte le stagioni - , che vedono morire gli amici 'davanti agli occhi', alla fotografia modulata su toni scuri, tutto converge nella creazione di una cappa di inquietudine cosmica. E il volto pessimista del thriller, che rileva una deriva e ne sottolinea l'inevitabilità, emerge violento nel finale: l'agente Marsh, colta in piena trasformazione da vittima a carnefice, vuole contrastare l'uso del mezzo ma finisce per sfruttarlo; mostrando il distintivo come riaffermazione identitaria, si rivolge allo sguardo collettivo e da questo è consumata, sconfigge il nemico quindi diventa spettacolo. Click. In streaming on the net: 'Dove posso scaricare questo video?'.
