Neil Jordan

_x000D_I giovani studiosi di cinema Matteo Pollone e Caterina Taricano, già collaudati nei lavori a quattro mani in quanto curatori della rubrica Regioni e sentimenti sul settimanale di cinema e televisione Film Tv, tentano – riuscendoci – con questo lavoro di portare alla luce la complessità e la prismaticità di un autore controverso, spesso incompreso ed, in ogni caso, affascinante quale Neil Jordan. Nonostante l’età non si tratta di firme inesperte: se Taricano ha al suo attivo numerose collaborazioni con riviste specializzate, divise tra contributi critici e saggistici; Pollone è autore anche di un ricco volume monografico sul cinema western di Anthony Mann (Il western di Anthony Mann. The man in the wild, the Wild in the man. Le Mani 2007) in cui oltre alle acute analisi sui dieci western dell’autore viene offerto anche un approfondito excursus sul genere.
_x000D_Nel caso del volume in questione si tratta di un’opera che ha nella sua stessa natura i propri pregi e difetti: la celebre collana della Castoro infatti ha con gli anni stabilito uno standard grazie al quale è diventata una sorta di punto di riferimento riguardo ai volumi monografici sui registi all’interno del panorama editoriale italiano. Ciò comporta però una serie di paletti da seguire – la struttura e l’articolazione dei libri devono essere sempre uguali – che limitano, per certi versi, la libertà creativa degli autori, chiunque essi siano.
_x000D_Diventa fondamentale in questo senso il saggio introduttivo, che precede le analisi specifiche dei singoli film, in cui si piantano le fondamenta tematiche, formali e biografiche necessarie alla comprensione del regista in questione.

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I due autori si dimostrano molto capaci di mettere in luce tutte le sfaccettature che riguardano la problematica figura del cineasta irlandese puntando i riflettori su zone molto diverse tra loro facendo emergere i tanti volti dell’autore e le rispettive matrici, convinti che solamente dalla loro amalgama sia possibile catturare la vera essenza della sua poetica. Partendo i primis dall’individuo e dalla sua formazione, cinematografica, naturalmente, ma anche letteraria – figlia di una tradizione nazionale ancor prima che da una dedizione personale. Non sottovalutano nemmeno il complesso rapporto con la musica che arriva alle sue opere partendo dalla sua personalità, se non anche dalla quotidianità – Neil Jordan oltre ad amare profondamente il jazz suona anche il sassofono. Una poetica molto particolare che disvela la sua dialettica principale nel rapporto tra realtà e irrealtà, tra naturalismo e onirismo, tra il realistico e il fantastico. Questi nuclei conflittuali, ben lontani dall’essere contrapposizioni manichee, vedono sempre nei personaggi la loro fonte inestinguibile: è su di loro e da loro che quasi ogni film di Jordan sviluppa le sue diramazioni tematiche e formali. Gli eroi jordaniani sono spesso personaggi marginali, il più delle volte riconosciuti dalla società e dalla morale comune come soggetti da evitare, pericolosi, diversi. La focalizzazione dei film è spesso interna, dalla quale scaturisce il rapporto con il realismo, sempre complesso e in bilico tra la necessità di raccontare il presente (o in ogni caso la realtà) e la fuga inevitabile verso una realtà altra, fiabesca, onirica, rielaborata personalmente attraverso il proprio represso mondo interiore.
_x000D_Il merito principale di Pollone e Taricano sta probabilmente nel saper agire esegeticamente su tutti i fronti senza dimenticare nulla, approfondendo anche il rapporto del regista con la Storia, in particolare quella nazionale e la sua più o meno evidente – ma sempre presente – irlandesità che viene fuori anche nei film meno esplicitamente “storici”, in cui è forte la voglia di evasione e di irrazionalità e irreversibile è la direzione verso il fantastico; anche in questi casi, seppur in maniera più sottile, la natura spiccatamente irlandese dell’autore appare non arginabile, figlia di una discendenza soprattutto letteraria che viaggia da Joyce a Beckett a Yeats.

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